Black Rock, capitolo 1: Il Guardiano, la recensione

Abbiamo recensito in esclusiva il primo capitolo di Black Rock, la nuova serie Wilder firmata da Sicchio, Vanni e Segala

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In un mondo apparentemente fuori dal tempo e dallo spazio sorge uno strano villaggio a forma di stella, collocato in una piccola valle e circondato da una parete rocciosa. Al centro di questo è collocata una misteriosa roccia nera, quasi come fosse un monumento: anche se non conosciamo le motivazioni che hanno spinto gli abitanti a sistemarla proprio lì, non ci riesce difficile immaginare che questa "black rock", che dà il titolo alla serie, avrà un ruolo molto importante nelle dinamiche della storia.

In poche pagine, abbiamo modo di scoprire qualcosa di più su questo singolare luogo e sulla società di coloro che lo popolano: percorrendo le polverose strade del villaggio assieme al Guardiano, conosciamo un mondo rurale che ricorda facilmente quello del genere western, in cui ogni abitante viene appellato a seconda del lavoro che svolge, come il suddetto Guardiano, o il Conciatore, o il Carpentiere. In questo posto, però, sembrano esserci elementi che trascendono il mero realismo, virando verso qualcosa di più etereo e mistico: il villaggio è infatti anche visitato da uno spettro, il quale è però l'ultimo dei problemi dei protagonisti, a giudicare dal timore legato all'arrivo di potenziali nemici denominati semplicemente come Loro.

L'episodio si apre con un oscuro presagio di natura apparentemente religiosa. Sottolineiamo come in questo luogo sembrino convivere più di un credo, assieme ai suddetti elementi esoterici, cosa che ci fa porre la domanda più importante di tutte: cos'è davvero questo mondo? Inevitabilmente, per le risposte dovremo attendere i prossimi episodi.

Ma è nella conclusione del primo capitolo che la storia dà il meglio, con un finale esaltante che fa ben sperare per il prosieguo della narrazione: evitando il rischio di rovinarvi una bella sorpresa, diciamo solo che quando apprenderete qual è l'esatto compito del Guardiano, rimarrete senza dubbio stupiti, forse anche un po' spaventati.

Arriva su Wilder Black Rock - terza delle quattro serie originali proposte dall'audace nuova etichetta italiana, dopo Australia ed Elliot - firmata da Dario Sicchio (testi), Jacopo Vanni (disegni) e Francesco Segala (colori). Le sensazioni seguenti alla lettura di quello che possiamo definire come un western sovrannaturale sono estremamente positive, in grado di generare aspettative altissime per quanto ci attende nei prossimi capitoli. Fondamentalmente, Black Rock si presenta come un perfetto connubio tra fumetto commerciale e indie, grazie a una narrazione contestualmente pop e autoriale: leggendo le prime pagine di questa serie riesce difficile credere che non si tratti di un prodotto Image Comics.

I testi di Sicchio sono essenziali e curati: lo sceneggiatore è bravo a impostare una storia fortemente intrisa di simbolismo, senza abbandonarsi a facili banalità, ma anzi infondendo un ritmo cadenzato e crescente che rende la lettura scorrevole e sempre più interessante, grazie a un prologo molto criptico e a un cliffhanger finale che funziona a meraviglia.

È evidente la grande sintonia tra scrittore e artista, e come questo sodalizio dia vita a uno storytelling vincente: i due autori si divertono molto a giocare con la costruzione della pagina variando costantemente il registro narrativo, che passa da campi larghi e splash page, a sequenze dove la narrazione si fa più serrata, caratterizzate da una griglia più fitta.

Lo stile di Vanni, poi, una sintesi perfetta tra realismo e una stilizzazione essenziale, propone un tratto sporco e nervoso, cosa che rende i disegni dell'artista piacevolmente simili a quelli di Jason Latour. Va detto che a livello grafico, specie nelle pagine iniziali, non mancano delle incongruenza e imperfezioni: la sensazione al riguardo è che Vanni stia prendendo le misure di questa storia e dei suoi personaggi, e difatti notiamo come, man mano che la narrazione va avanti, il tratto e le proporzioni diventino sempre più precisi.

Una nota di grande merito va anche al colorista Segala, che, grazie a una colorazione granulosa, dai toni caldi e freddi che si alternano intelligentemente, riesce a trasmettere una polverosa e tiepida atmosfera consona a una storia di genere western. Anche qui non mancano alcune imprecisioni, ma onestamente non possiamo muovere chissà quale critica in tal senso. Sottolineiamo, infine, come i registi di quest'opera siano davvero capaci di utilizzare al meglio i giochi di luci e ombre, che arricchiscono notevolmente il valore di Black Rock.

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