Black Mirror 4x06 "Black Museum": la recensione
Un uomo misterioso racconta delle storie legate ad apparecchi tecnologici, nell'episodio di Black Mirror intitolato Black Museum
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La collaborazione tra Netflix e Charlie Brooker per la produzione di dodici episodi di Black Mirror, spalmati poi in due stagioni da sei puntate ciascuna, termina qui. Non sappiamo ancora cosa riserverà il futuro alla serie antologica, ma per adesso lo show si congeda dal pubblico della piattaforma come aveva fatto già con quello della BBC. Black Museum è una puntata che, come White Christmas, contiene più storie, tutte legate a una vicenda centrale che poi nel finale si riprende la propria importanza. È un sunto generale di tutte le fascinazioni che la serie ha saputo mettere in campo negli anni e, benché a questo punto manchi la sorpresa, gli spettatori vengono lasciati andare via su note familiari.
Questo episodio è interessante perché per la prima volta introduce in modo diretto una lettura particolare nel rapporto tra umanità e tecnologia, qualcosa che finora abbiamo solo accarezzato e mai approfondito. Ossia questo patto faustiano che viene stipulato nel momento in cui si accetta di modellare la propria vita – spesso la propria mente – sulle comodità e i vantaggi offerti dalla tecnologia di turno. Black Mirror racconta spesso questo, e lo fa seguendo una struttura che presenta i vantaggi iniziali dovuti all'invenzione, salvo poi rivelarne il famoso riflesso oscuro che conduce tutto su binari tragici. Si tratta di una riflessione celata dal fatto che le tecnologie sono prodotti del mercato e della società stessa – una prigione che noi stessi ci siamo costruiti – e non esiste l'uomo misterioso che propone il patto. Qui c'è.
Il tutto inquadrato in una cornice che gioca su un sottotesto horror che potrebbe avere qualcosa di I racconti della cripta o di uno dei primissimi speciali di Halloween dei Simpson. L'episodio, diretto da Colm McCarthy, è tutt'altro che piacevole. Non soltanto perché lavora sull'angoscia ripetuta più volte nella consapevolezza che tutto andrà male, ma perché presenta un intrecciarsi di storie molto respingenti a partire dai caratteri in gioco. Che in genere in Black Mirror non brillano di simpatia, ma almeno si riscattano con una profonda e imperfetta umanità. Qui invece sono parecchio odiosi e mancano di quella stessa empatia. Non è una chiusura col botto, né è uno degli episodi migliori della stagione, ma quantomeno è in linea con ciò che Black Mirror è sempre stato.