Black Flies, la recensione
La recensione di Black Flies, il film con Sean Penn, Michael Pitt e Tye Sheridan e in concorso al Festival di Cannes
La recensione di Black Flies, il film con Sean Penn presentato al Festival di Cannes
Se nessuna di queste ipotesi fosse vera sarebbe difficile spiegare come sia possibile che qualcuno abbia pensato di scrivere e dirigere un film che prende quasi tutti gli elementi cardinali di Al di là della vita, gli toglie lo spiritualismo (rimangono degli accenni simbolici ma poco) e lo asciuga del rapporto con la metropoli, per farne una parabola di mentore e allievo che celebra i paramedici (esattamente quello che non facevano Scorsese e Schrader). Un ragazzo paramedico vive nottate terribili in un lavoro che è la metafora di un lungo purgatorio: il punto preciso tra la vita e la morte, nel quale si inseriscono dei matti demoniaci. Tutto ripreso come puro caos e tensione. Scorsese lavorava duro di recitazione e immagini per farlo, Sauvaire invece preferisce gestirlo con il sonoro, rubando a Scorsese solo il look fotografico. Il protagonista passerà queste notti con tra compagni diversi di caso in caso, tra matti e barboni, violenti e spacciatori, rischiando tutto e salvando poco, per poi trovare una strana pace di giorno, con il sole, insieme ad una donna, tutta corpo nudo e maternità (!).
E poi sbaglia gli attori. Michael Pitt non può reggere la parte principale e Sean Penn non può essergli co-protagonista, perché troppo ingombrante. È lui ad avere l’arco narrativo migliore e la sua recitazione è così più interessante da esporre meglio i contrasti interiori facendoci interessare molto più ai suoi che a quelli del protagonista. Sean Penn sa fare benissimo il lavoro dell’attore (lasciar intendere qualcosa mentre le espressioni dicono altro) mette in scena una ostentata durezza lasciando intuire in fondo al suo mutismo una forma di fragilità incattivita, che è decisamente più attraente e filmico della tensione monocorde di Pitt.
E tutto questo per celebrare la difficoltà di quel lavoro, giustificando gli eccessi, mettendo una luce sul costo in termini di umanità di questi angeli all’inferno. Pura esaltazione là dove Scorsese e Schrader puntavano all’assoluto. Che sconfitta…