Biutiful - la recensione

Un uomo, coinvolto in vari affari illegali, scopre di avere un cancro incurabile e deve riflettere sul futuro della sua famiglia. Un Javier Bardem straordinario, ma una pellicola non all'altezza del suo talento...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Biutiful
RegiaAlejandro González Iñárritu
Cast
Javier Bardem, Maricel Álvarez, Hanaa Bouchaib,    Guillermo Estrella, Eduard Fernández, Cheikh Ndiaye, Diaryatou Daff
Uscita04-02-2011 

C'è un'unica ragione per cui questo film verrà ricordato ed è riassumibile in due semplici parole: Javier Bardem. Non c'è dubbio che il film ci presenti un personaggio isolato e in conflitto con il mondo. Ma mentre sarebbe semplice pensare che un protagonista del genere lo abbiamo già visto mille volte, in realtà siamo di fronte a qualcosa di molto più complesso, una figura che guadagna dal lavoro dei clandestini e dal parlare coi morti, ma che fatichiamo a considerare malvagio.

Se questo strampalato mix riesce incredibilmente a funzionare, è merito di una prova monumentale di Javier Bardem, che offre una delle interpretazioni più interiorizzate e nascoste che abbia visto ultimamente. Basta pensare all'evoluzione che mostra durante una cena, che parte con un inizio spiritoso e poi mostra una rabbia interiore enorme. In effetti, è in momenti come quelli dei pasti che si capisce bene la complessità dei personaggio, magari facendo vedere che anche per lui sia possibile un futuro diverso. Insomma, tutti quest'anno si dovranno confrontare con questa interpretazione, probabilmente perdendo e non di misura, anche se i premi ufficiali probabilmente preferiranno rivolgersi ad altri attori (come hanno dimostrato gli imbarazzanti Golden Globes).

Per il resto, siamo di fronte a una pellicola dissonante, che non offre facili appigli e che quasi mai presenta scene banali, anche quando non funzionano (e purtroppo non capita di rado). C'è sicuramente una gran voglia di realismo, che offre quasi una sensazione angosciante di soffocamento, per via di una squallida realtà schifosa ci viene presentata senza spiegazioni didascaliche, come se Iñárritu volesse dirci: inutile fare grandi dibattiti, è semplicemente cosi. E' positivo soprattutto che le condizioni di lavoro e l'immigrazione, due dei temi della pellicola, rimangano sullo sfondo, senza diventare troppo pesanti e didascaliche, come poteva avvenire facilmente.

Il vero grande difetto, a differenza di quello che avevo letto, è che risulta impossibile rimanere conquistati dalla vicenda. C'era, in effetti, chi parlava di effetto ricattatorio suscitato dal film e dalle vicende drammatiche che avvengono. In realtà, la sequenza infinita di situazioni drammatiche e soprattutto la mancanza di figure positive impedisce di immedesimarsi nelle vicende narrate. E quando la tragedia colpisce pesantemente, non fa praticamente effetto, sia perché era facilmente prevedibile sia perché tutto sa di programmatico.

L'impressione è che il regista avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sul rapporto tra il protagonista e la sua complicata famiglia, senza temere di scivolare nel sentimentalismo, ma evitando sottotrame come quella dei due cinesi. Peraltro, la scena nel locale nella seconda parte del film è senza alcun dubbio la peggiore della pellicola, talmente stonata rispetto al resto dell'opera da risultare veramente insostenibile. Cosi come non convincono le conclusioni delle varie storie, anch'esse più programmatiche che coinvolgenti.

In sostanza, grande attore protagonista, film che non funziona. Per chi scrive, i conti non tornano ed è impossibile essere completamente soddisfatti...

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