Bitch Planet vol. 1, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo volume di Bitch Planet, serie Image di Kelly Sue DeConnick e Valentine De Landro edita in Italia da BAO Publishing
La trama si svolge in un futuro prossimo quanto alternativo, appartenente a una realtà distopica nella quale il genere maschile è riuscito a sottomettere in maniera chiara e manifesta quello femminile. Cosa c'è di diverso rispetto alla nostra realtà? Questa domanda potrebbe facilmente balenare nella mente di qualche attento lettore, o lettrice. Semplicemente, in Bitch Planet il sesso femminile, o perlomeno una buona parte della popolazione mondiale dotata di cromosomi XX, viene trattato alla stregua di un bene di consumo, e sembra quasi come se nessuno si faccia problemi a riguardo. La prova tangibile di quanto asserito è letteralmente grande come un pianeta, il "Bitch Planet" menzionato sin dal titolo. Per l'esattezza si tratta dell'Avamposto Detentivo Ausiliare, una prigione situata nello spazio, nella quale vengono rinchiuse "pericolose" detenute, che di fatto sono spesso vittime impotenti di un sistema marcio e corrotto.
Una degli elementi che ci ha fatto apprezzare maggiormente il primo volume di Bitch Planet è che, leggendolo, le aspettative e il gradimento crescono esponenzialmente con la progressione della storia. Non che vi fossero grandi dubbi aprioristici, dato che la DeConnick ha dimostrato già in precedenza di essere una scrittrice molto attenta e intelligente, ma questa serie è comunque una sorpresa, in positivo. L'universo narrativo creato dalla sceneggiatrice è infatti coerente e affascinante, non lontano dalla nostra realtà della quale sta a rappresentare una metafora estremizzata nel suo essere disfunzionale, è le sotto-trame impostate in questo primo tassello della storia ci fanno credere che la crescita qualitativa di Bitch Planet sarà evidente nel tempo. Anche il presunto (e tanto evidenziato nel corso della campagna promozionale) femminismo della serie, in realtà, è solo dei tanti elementi narrativi presenti, e di certo non l'unica chiave di volta della storia, che, fondamentalmente, è antica come l'umanità stessa e parla del tentativo del più forte di imporsi in qualche modo sul più debole. Il sesso è, di fatto, solo un pretesto per narrare una parabola estremamente ricca e sfaccettata.
Se la i colori vivi e fulgidi di Cris Peter rendono l'affresco ulteriormente apprezzabile all'occhio del lettore, in Bitch Planet vi è anche un pregevole lavoro di design firmato da Laurenn McCubbin, la quale si sbizzarrisce nella creazione di appendici che fungono da fittizio inserto pubblicitario volto a promuovere fantomatici (e bizzarri) prodotti e servizi.
In conclusione, Bitch Planet è l'ennesima scommessa vinta da Kelly Sue DeConnick, un fumetto fresco, originale e accattivante che è ulteriore testimone di quanto la realtà Image Comics sia varia e, spesso, deliziosa.