Birth, la recensione

Unendo il tema della maternità a quello della creatività, Birth rivela un ottima regia e caratterizzazione dei protagonisti: la sorpresa nel concorso del TFF 2023

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La nostra recensione di Birth, presentato in Concorso al Torino Film Festival 2023

Della maternità non è certo un manifesto quello che emerge in Birth. Se il tema è oggi molto frequentato su piccolo e grande schermo, il film di Jiyoung Yoo, presentato in Concorso al Torino Film Festival, ha il merito di offrire una prospettiva interessante e una caratterizzazione dei personaggi molto forte. La storia narra della giovane coppia formata da Geonwoo e Jay: lui è insegnate d'inglese in un istituto privato, lei è una promettente scrittrice, che sta per pubblicare il suo nuovo libro. Tuttavia, la gravidanza non pianificata della donna porta a enormi cambiamenti, provocando conflitti tra i due.

Al secondo lungometraggio, Jiyoung Yoo dimostra un notevole abilità come regista. Propone spesso inquadrature fisse giocate sulla profondità di campo, dando rilevanza agli oggetti nelle stanze o ai cibi sulla tavola. Nei momenti di dialogo, il montaggio alterna campi a due e primi piani, in un rapporto stretto con quanto vediamo in scena. Se ad esempio all'inizio vediamo due personaggi nell'inquadratura mentre parlano, uno stacco su uno di loro segnala l'arrivo di una frase cruciale, relativa a una notizia o rivelazione inattesa. Così come c'è evidente differenza se nell'immagine compare o meno la nuca dell'interlocutore. Una struttura molto ricercata, utile a mettere in primo piano i personaggi, le loro relazioni e le loro reazioni, evidenziandone anche i mutamenti. La sua lunga durata del film (oltre due ore e mezza) permette di ben definire in particolare i caratteri dei due protagonisti prima della gravidanza e di lasciarli evolvere in seguito, in uno sviluppo lento ma graduale che porta a un climax inaspettato. Anche quando le situazioni si fanno dure, i toni non scadono mai nel greve o nel ricattatorio, ma persistono in un approccio intimo verso le atmosfere ed entrambi i componenti della coppia.

All'inizio, è chiaro il contrasto tra Jay, attiva e propositiva, e Geonwoo, che frustrato dai successi di lei svolge con diligenza ma senza verve il suo lavoro. L'arrivo del figlio non è subito accettato dalla ragazza, che preferirebbe abortire per il timore di dover accantonare la sua attività. "Dopo aver partorito devi fermarti per almeno due anni", le verrà detto. L'attesa della maternità si lega dunque alla questione della creatività, della difficoltà nel conciliare questi due aspetti e di come invece la propria esperienza possa essere alla base di un'opera. Discorso molto complesso su cui il film si rivela molto acuto.

Jiyoung Yoo, anche sceneggiatrice, sembra infatti predisporre la narrazione a favore di lei, dipingendo con ironia le azioni di lui. Questo quadro si rompe poco dopo, quando l'intreccio dà spazio alle ragioni di lui (che invece vorrebbe il figlio) e ai problemi di lei, senza demonizzare nessuna delle due posizioni. Il bambino sembra essere un grosso impedimento per entrambi, in una visione pessimista della maternità, ma il film dà voce anche ad altri personaggi che invece ne sottolineano il valore. Birth si tinge dunque in una voluta ambiguità che non vuole avere un chiaro punto di vista ma analizzare le diverse psicologie dei personaggi di fronte a questa situazione. Così anche le nette parabole speculari a cui nel finale vanno incontro i protagonisti, tra consapevolezza e crollo emotivo, non risulteranno forzate, ma assolutamente credibili, alla luce del percorso che le ha delineate.

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