Una birra al fronte, la recensione
Con una storia molto simile a Green Book (ma con maggiore potenziale) e un protagonista sbagliato stavolta Farrelly raccoglie il minimo
La recensione di Una birra al fronte dal 30 settembre su Apple TV+
A sorpresa però Una birra al fronte ha un protagonista potenzialmente molto migliore di Nick Vallelonga, perché dotato di un grandissimo conflitto temperato da una grande indolenza a cui non sa resistere (sente di non fare niente della sua vita e desidera di più senza il coraggio di provarci), crede nella guerra ma non davvero in maniera profonda, ed è capace di atti estremi. Un personaggio perfetto che però segna la definitiva sconfitta di Zac Efron nella disciplina della recitazione. Come sempre è molto corretto e fa tutto giusto ma nonostante abbia per le mani una bomba non riesce ad innescarla, non è davvero interessante, non dà forma ad una personalità originale e in buona sostanza non costruisce sopra quello che è scritto ma esegue ciò che legge. Quello che faceva Viggo Mortensen con un personaggio più convenzionale e quello che fa con molti meno minuti a disposizione Russell Crowe (che quando serve c’è sempre) con il suo reporter di guerra che dovrebbe solo aiutare il protagonista ma in realtà dice tantissimo su come si viva la guerra, sono un’umiliazione per Zac Efron.
Questo è vero benché Farrelly voglia attutire tutti i momenti più duri levando il sonoro nelle scene più impressionanti per sostituirlo con dolci musiche anni ‘60. L’obiettivo è creare un contrasto ma questo invece di rafforzare l’orrore (come in Kubrick) lo depotenzia, e traduce concetti brutali per un pubblico che non vuole essere impressionato da un film. A furia di asciugare e attutire quindi quello che rimane di un film che, vale la pena ripeterlo, ha un intreccio di grande impatto (come farà questa persona sprovveduta a girare davvero per tutto il Vietnam e tornare a casa vivo?) alla fine è il discorso più scontato, quello sulla necessità di una stampa libera e onesta, di credere alle notizie e non alla propaganda di un presidente che parla come Trump e scredita i media. Tutto serio, tutto importante ma l’impressione è che si tratti delle suggestioni più morbide con le quali uscire dal film.