Birds of Paradise, la recensione
Ispirandosi ad un mitologia nota, quella del mondo violento del balletto classico, Birds Of Paradise non sa che film essere
Il mondo del balletto classico è Tana delle Tigri. Il cinema ce lo dice in tutte le maniere, è il rovescio della medaglia dell’altro ballo, quello di strada e delle accademie in stile Saranno famosi. E Birds Of Paradise ci sguazza proprio dentro altri film sul balletto classico. Sguazza nella scuola di danza di Suspiria, con continue citazioni di architettura liberty e colori, e sguazza dentro Il cigno nero, con la sua trama di sesso e rivalità. In più ci vuole aggiungere un strato di amicizia e vicinanza tra due ragazze. Sembra di capire che in soldoni il film vorrebbe essere capace di descrivere quel rapporto strettissimo che si crea tra due amiche che finiscono a condividere così tanto da sfociare nella rivalità.
Con un impianto simile Birds Of Paradise poteva essere tutto e invece non è niente. Non è un vero film erotico (figuriamoci!) spaventato com’è dal piacere del sesso, che viene pure praticato ma sembra sempre un dovere, come gli esercizi. Non è un vero film sul balletto, perché non c’è nessuna grazia nei balli e non c’è nessun impegno nel filmarli. Non è un vero film su un’americana in Francia e il contrasto culturale. Non è nemmeno un vero film sui meccanismi psicologici femminili perché ci vengono presentati con molta brutalità. Cosa più grave non è nemmeno un film che possa parlare con le immagini, nonostante lo desideri così tanto da inserire di continuo sequenze di delirio, nottate nei club con le maschere e scenografie lussuriose che contraddicono il resto della storia.