Billions 2x11 "Golden Frog Time": la recensione

Billions arriva a un passo dal finale di stagione costruendo quello che forse è il miglior episodio della sua breve storia

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Spoiler Alert
Golden Frog Time è il miglior episodio di sempre per Billions. Non perché sia scritto o recitato o diretto in modo particolarmente diverso da tutti i precedenti, ma perché per la prima volta da quando ha debuttato la serie di Showtime, lascia intravedere un'identità, una forza del racconto che in passato è mancata. In questo l'undicesimo, e penultimo, episodio della seconda stagione contiene in sé quel tratto – solo apparentemente – confusionario. Qualcosa è accaduto, due settimane fa, forse prima, che ci viene posta da un certo punto di vista, volutamente manchevole e parziale. Il ribaltamento finale allora è la spinta necessaria che ricostruisce a rovescio, come in un classico finale da thriller, gli eventi nascosti e dalla giusta prospettiva.

Chuck e Bobby si sono inseguiti, attesi, sabotati a vicenda, mentre erano impegnati a consolidare il proprio potere e la propria presa nei rispettivi ambiti, forse aspirando a qualcosa di più. Eppure il sapore della vittoria personale sembra avere qualcosa in meno rispetto a quello della vendetta. Tutto qui ruota intorno al grosso investimento nella Ice Juice e nel metodico tentativo di sabotaggio messo in atto da Axelrod per tagliare le gambe al rivale.
L'episodio inizia scandendo con velocità la progressione degli eventi in ombra che renderanno possibile tutto questo. Axe muove poche pedine, tutto sommato "vince facile" e tanto Chuck quanto Rhoades Sr. vengono spazzati via dalla crisi del titolo che precipita.

Ora, Billions non ha mai giocato troppo con i twist narrativi. Qualcosa sul finale della prima stagione, ma poco altro. Si tratta di una serie in cui è difficile empatizzare con personaggi fondamentalmente ossessivi e spesso spietati, in cui gli scenari finanziari rimangono più che altro strumentali alla vicenda e in cui l'anima da thriller, che pure ci sarebbe, cade spesso nel vuoto. Anche per questo abbiamo accolto come una boccata d'aria fresca la new entry Taylor (tra l'altro, un montaggio anche abbastanza normale sulle verifiche a lavoro diventa molto più interessante).

Allora il pianto di Chuck alla fine dell'episodio che si trasforma in risata (ma le lacrime rimangono) dopo il flashback chiarificatore è l'idea di scrittura buona e ben raccontata. Il twist che serve, che non deve necessariamente essere realistico nel suo meccanismo a orologeria, ma solo funzionale, che dona corpo e forza alla storia. Ne amplia il respiro costruendo forti conseguenze e rafforzando motivazioni che sempre meno sono solo parole. Proietta tutti i personaggi, compresi Wendy e Rhoades sr., su un fronte di incertezza sinceramente accattivante. Ancora una volta, una scelta che si lega all'idea di ossessione e sopraffazione ad ogni costo.

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