Billions 1x12 "The Conversation" (season finale): la recensione

Si chiuda la prima stagione di Billions, un finale in crescita per la serie di Showtime

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Spoiler Alert
Il titolo dell'ultimo episodio di Billions non si riferisce ad un particolare momento di confronto tra i personaggi, ma con ogni probabilità prende spunto dall'omonimo film del 1974 diretto da Francis Ford Coppola. Si tratta di un capolavoro probabilmente sottovalutato perché schiacciato tra i primi due film del Padrino, ma assolutamente da riscoprire. Il parallelo più evidente con il season finale della serie di Showtime l'abbiamo all'inizio della scena finale (che ricorda molto quella del film in questione), quella che vedrà il confronto diretto tra Axelrod e Rhoades. Il personaggio interpretato da Damian Lewis, dopo essere quasi impazzito nel tentativo di scoprire le possibili cimici nascoste in ufficio, si accascia a terra sconfitto dopo aver fatto a pezzi ogni cosa intorno a lui.

È un momento riuscito perché immediato in una serie che raramente lo è stata nel corso delle sue dodici puntate. Fin dall'inizio Billions ha tradito le forti aspettative con le quali era giunto sul piccolo schermo, allontanandoci e indisponendoci a più riprese. Scrittura e situazioni troppo artificiose, psicologie abbozzate e di grana grossa, troppa seriosità, ma soprattutto un centro mai veramente esplicitato. La contrapposizione ideale tra bene e male che non sono mai uguali a come ci aspetteremmo e che non sono mai rigidamente distinguibili va benissimo, perché apre le porte a conflitti interessanti. Il problema è che per più di metà della stagione, a causa di una scrittura poco limpida, impegnata più a cercare di stupirci con terminologie ricercate che con una storia che valesse la pena raccontare, il coinvolgimento è mancato.

Ciò che è rimasto, e su cui si punta molto anche in questo episodio finale, è il casting. Damian Lewis, Paul Giamatti, Maggie Siff e Malin Akerman fin dall'inizio hanno rappresentato più di un valore aggiunto allo show, lo hanno trascinato in avanti, molto al di sopra delle potenzialità espresse. Il dittico finale di episodi della stagione, unito all'atipica struttura di "Quality of Life", rappresenta il punto più alto di una stagione in crescita. Tutto è finalmente più universale, più coeso e coerente. La lunga notte fatta di confessioni e reazioni avventate che avevamo visto raccontare in Magical Thinking viene esplorata nelle sue conseguenze in The Conversation. Rhoades sfrutta le informazioni nascoste nel computer di Maggie per rilanciare un nuovo attacco alla compagnia di Axel e in particolare al suo avversario, stavolta in prima linea nel dover respingere le accuse di corruzione.

Ne faranno le spese tutti i rapporti in gioco. Bobby e Lara dovranno considerare l'idea di allontanarsi, Chuck e Wendy dovranno riconsiderare il loro traballante rapporto, e così dovranno fare Bobby e Wendy, legati ormai non solo professionalmente. Al centro degli eventi, come causa primaria e conseguenza di questi, rimangono i rapporti umani. Finalmente. Dopo un'intera stagione, le caratteristiche dei personaggi non sono più incidentali e accessorie rispetto alla storia, non sono un semplice corollario, spesso molto estremo, che serve a dare qualche sfumatura a una vicenda piatta, ma danno un genuino e coerente apporto alla vicenda.

Una vicenda che, pur con qualche eccesso di melodramma e soliti didascalismi nei dialoghi – soprattutto quello finale tra Chuck e Bobby – si emancipa da se stessa, diventa più semplice (che non vuol dire più banale) e godibile.

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