Big Hero 6, la recensione
Il cartone di Natale Disney è un'avventura maschile ambientata nel mondo della fantascienza adulta. Bellissimo il personaggio del robot infermiere Baymax
Lì il mondo della fiaba di tradizione europea, qui il mondo della fantascienza orientale alla Akira (1988). E infatti siamo in un futuro non lontanissimo e in una città inventata nata dall'incrocio tra San Francisco e Tokyo.
I due fratelli protagonisti di Big Hero 6, Hiro e Tadashi, sono, già dai nomi, di chiare origini orientali. Li seguiremo per un'avventura molto interessante che ha a che fare con la morte, la paternità, l'amore e la finalità del genio inventivo.
Sarà attraverso la conoscenza con la geniale invenzione del fratello più grande (un pupazzone infermiere in vinile bianco e gommoso di nome Baymax) che il piccolo Hiro vivrà un'avventura fatta di drammi, sorprese, crescita e incontri. Quello con l'enorme e "coccoloso" robot Baymax (la sera bisogna ricaricarlo come un cellulare altrimenti sembra che abbia avuto una bella sbornia) seguito dalla conoscenza con una squadra di nerd studenti di una scuola molto alla Mit in grado di trasformarsi in vendicatori mascherati la cui immagine viene curata da Hiro in persona.
E già... perché questo ottimo film Disney riesce a parlare di temi affascinanti e complessi senza perdere di vista una trama d'azione dal sapore superomistico che vedrà il piccolo Hiro alle prese con un arcinemico coperto da una maschera del teatro giapponese Kabuki (altro riferimento alla cultura nipponica).
Sicuramente non ci troviamo di fronte a uno dei pezzi da novanta della Golden Age Pixar (Up è il loro ultimo capolavoro?) ma Big Hero 6 conferma la bella capacità dell'ex capo Pixar John Lasseter di portare un pizzico di brio in più dentro la tradizione del film di Natale Disney, quest'anno targato quasi esclusivamente al maschile.
E il paziente, altruista e meticoloso Baymax... è "qualcuno" per cui poter perdere tranquillamente la testa.