Big Mouth (quinta stagione): la recensione

Fiacca e sempre più ripetitiva, con la quinta stagione Big Mouth è ormai solo provocazione fine a se stessa

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Big Mouth (quinta stagione): la recensione

Ogni recensione di Big Mouth è un remix della precedente. Con i suoi pregi e i suoi difetti, questa serie animata è diventata una delle più riconoscibili su Netflix, e vi rimarrà ancora per tanti anni. Alla quinta stagione della serie, non c'è più nulla da aggiungere, in positivo o in negativo, rispetto allo show di Nick Kroll. Patemi adolescenziali ridotti alla sola sfera sessuale, volgarità assortite, personaggi antipatici, la continua estremizzazione dei tormenti giovanili. Tutto questo e poco altro in uno show intrappolato a metà strada tra la grana grossa utilizzata per avvicinare i più giovani e i riferimenti adulti per attirare un target che con la serie non dovrebbe avere nulla a che fare.

Si può solo fare l'elenco delle vicende che coinvolgeranno Nick, Andrew, Jessi, Missy nella loro ricerca di un equilibrio nei loro difficili anni da adolescenti. I temi sono quelli: difficoltà ad accettarsi, un irrefrenabile – ma quasi patologico a questo punto – desiderio sessuale, e picchi di emotività che si scatenanto in rabbia, rifiuto, ansie (l'anno scorso c'era la vergogna, quest'anno l'odio). Sì, è l'adolescenza, ma dove qualsiasi altra serie animata adulta pretende ad un certo punto per sé la ricerca di un linguaggio un po' più elaborato, Big Mouth suona sempre la stessa nota stonata e sgradevole.

La serie inizia sottolineando la voglia continua di masturbazione da parte dei protagonisti, e su questo imbastisce una trama su una scommessa a chi riuscirà a "trattenersi" più a lungo. Pochissimi, anche tra gli spettatori più grandi, riconosceranno che questo è un riferimento ad una delle puntate più celebri di Seinfeld, che all'epoca rompeva proprio il tabù della masturbazione. Il riferimento è confermato anche dal fatto che una delle scene citerà il quartetto di protagonisti di quella serie. Ma appunto, anche questo è uno dei problemi della serie. A chi si rivolge? Ad un ipotetico spettatore ultratrentacinquenne che per qualche motivo dovrebbe vedere un cartone animato su dei ragazzini eccitati?

E torna sempre la stessa questione. È facile scrivere che Big Mouth parla di temi importanti per i giovani, parla il loro linguaggio, non li educa stando su un piedistallo... ma lo fa davvero? Qui ancora una volta i temi sembrano essere lo specchietto per mettere in scena continui riferimenti visivi agli organi genitali, una dissacrazione fine a se stessa, goduria nella violenza. E tutto questo, dopo cinque stagioni, senza la grazia di una storyline capace di generare un minimo di empatia o di cura nell'intreccio. La provocazione è essenziale, permette di oltrepassare dei limiti, costruire una empatia con lo spettatore più giovane. E senza dubbio l'adolescenza con i suoi cambiamenti è sgradevole per definizione. Ma non dovrebbe essere fine a se stessa. Big Mouth, con la sua percentuale sconfinata di parolacce rispetto ai dialoghi e la sua sessualità ostentata, finisce addirittura per annoiare.

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