Big Mouth (quarta stagione): la recensione
Con i suoi messaggi condivisibili veicolati attraverso volgarità Big Mouth rimane una serie meno per adolescenti di quanto appare
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Big Mouth è una di quelle serie di cui è facile parlare bene. Perché è politicamente scorretta (ma lo è davvero?), perché è impegnata (ma lo è davvero?), perché parla in modo molto esplicito di sesso e quindi, considerando il cosa prima del come, è da promuovere. Alla quarta stagione, lo stile della serie e la sua scrittura sono cosa nota, e nulla in questi dieci nuovi episodi di Big Mouth arrivati su Netflix potrà intaccare il piacere o l'insofferenza nei confronti dello show. C'è una generale stanchezza di fondo, schemi ripetuti, messaggi condivisibili veicolati attraverso volgarità. Non molto altro.
Big Mouth intende la sfera sessuale come qualcosa che va di pari passo con il linguaggio volgare che la definisce. È mostruosa per definizione (tant'è che ci sono i mostri), spesso disgustosa, mostrata in tutto il suo disagio. Però, per essere una serie che fa un grandissimo uso di immagini surreali, Big Mouth è molto letterale e mai sottile. Certo, ci sono i mostri e i genitali che parlano, ma è tutto bloccato ad un primo livello di interpretazione, non particolarmente creativo o elaborato, così come la scrittura dei dialoghi e dei personaggi. Nick e Andrew alla fine risultano intercambiabili, Missy e Jessi sono trascinate dagli eventi, oltre ad essere tutti abbastanza antipatici.