Bifest 2015: Humandroid, la recensione

La nostra recensione di Humandroid (ovvero Chappie), il film di Neill Blomkamp presentato al Bari Film Festival 2015

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A cura di Raffaele Caporaso

Preceduto dall’accoglienza tiepida, per usare un eufemismo, e da critiche non positive provenienti dagli USA, Humandroid, il nuovo film del regista di Elysium e District 9 Neill Blomkamp si rivela essere, invece, una pellicola di pregevole fattura, che affronta nella maniera più intelligente possibile temi importanti quanto difficili: il rischio di finire nel limbo della banalità o del “già visto” era molto alto, ma fortunatamente Blomkamp, autore anche della sceneggiatura scritta a quatto mani con la moglie Terri Tatchell, ha saputo fare molto bene il suo lavoro.

La storia di Humandroid, che ha come titolo originale il più accattivante Chappie, si svolge in un futuro non molto lontano dal nostro: qui le forze di polizia di Johannesburg, capitale del Sudafrica, hanno deciso di contrastare la crescente ondata di criminalità, schierando fra le proprie fila una nutrita pattuglia di droidi, creati dalla pioneristica azienda Tetravaal e progettati dal giovane genio Deon Wilson: grazie a questa scelta, le vite umane degli agenti di polizia non saranno più a rischio. Wilson ha però un sogno ancora più grande nel cassetto: creare la prima intelligenza artificiale senziente, in grado di provare le stesse identiche emozioni della mente umana. Inutile dire che tale sogno diviene presto realtà: l’occasione si presenta quando Deon trafuga uno dei droidi destinati alla rottamazione dalla sede della Tetravaal e carica nel sistema operativo di questo il software di I.A. da lui recentemente inventato. Sarà così che Chappie prenderà vita, solo per finire immediatamente nelle mani di una banda assai malintenzionata di sgangherati criminali, che farà del droide la propria arma per compiere misfatti. Ben presto, dunque, Chappie avrà modo di confrontarsi con la dura realtà: come un bambino che scopre il mondo per la prima volta, il protagonista dovrà sperimentare sulla sua “pelle” di titanio la violenza e la brutalità del genere umano, ma avrà modo anche di apprezzare e conoscere valori come l’amicizia e l’amore puro e disinteressato. Riuscirà il droide a comprendere la differenza tra bene e male in una società nella quale è assai arduo distinguere l’uno dall’altro? E se sì, da che parte sceglierà di stare?

Come già fatto per District 9, Blomkamp sceglie come location della sua storia la sua stessa nazione, il Sudafrica, Paese che ha conosciuto molto bene il fenomeno dell’apartheid: uno dei tòpos narrativi più cari al regista è, infatti, proprio quello della segregazione razziale, e delle difficoltà che le minoranze puntualmente si trovano ad affrontare nell’affermarsi nella società attuale. Se nel film del 2009 erano degli alieni rimasti intrappolati sulla Terra le vittime di soprusi di stampo razzista, questa volta tocca al droide Chappie, unico rappresentante della sua specie: il protagonista, infatti, si troverà vittima di violenze fisiche e psicologiche molto dure, narrate in maniera assai realistica, a volte persino brutale.

La metafora dell’unico robot con il “cuore” di un uomo funge da processo analitico e catartico per evidenziare quanto la specie umana sia in grado di compiere azioni di grande e insensata scelleratezza, ma anche tutto il contrario. In Humandroid, alla fine, non vi sono buoni o cattivi in senso assoluto: le scelte etiche e morali dei personaggi saranno sempre in uno stato di precario equilibrio. La genialità intrinseca della pellicola sta nel fatto che è proprio una forma di vita artificiale a mostrare, e magari persino insegnare, allo spettatore cosa significa essere e restare umani.

Dal punto di vista meramente tecnico, Humandroid è un film ben confezionato, senza particolari buchi narrativi, che scorre fluido per tutti i suoi 120 minuti circa di durata, concedendosi qualche momento di stanca nella sua parte centrale. Una dei punti di forza della pellicola è il montaggio, che consente a questa di mantenere una costante dinamicità, anche grazie alla colonna sonora originale composta dal grande Hans Zimmer, intervallata da brani techno-pop parecchio accattivanti.

Buona prova anche da parte del cast, che trova in Hugh Jackman, insolitamente nelle parti del villain, la sua punta di diamante. La CGI adoperata sul protagonista Chappie, interpretato da Sharlto Copley (onnipresente nelle produzioni di Blomkamp) è egregia: l’intera caratterizzazione del personaggio principale è lodevole e credibile.

In conclusione, Humandroid è un lungometraggio sentito, sincero e partecipato, che riesce a trasmettere alla sua audience forti e coinvolgenti emozioni.

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