Bianca come il latte, rossa come il sangue, la recensione

Avendo attraversato le tappe canoniche del successo letterario giovanile, il libro di Alessandro D'Avenia diventa inevitabilmente film, proponendo una visione poco chiara del romanticismo adolescenziale

Critico e giornalista cinematografico


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Tratto dall'omonimo libro di Alessandro D'Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue è un epifenomeno di quel trend iniziato da Federico Moccia: narrativa sentimentale per l'adolescenza che in virtù del successo letterario passa al cinema, cavalcando volti nuovi del cinema (in questo caso Filippo Scicchitano) e riproponendo sempre la medesima tipologia di instant-sentimentalismo.
La storia stavolta è di un ragazzo del liceo innamorato perdutamente di una ragazza poco più grande, che non si accorge che la sua "amica" in realtà non ha occhi che per lui. Ma più che il triangolo sentimentale quello che al film interessa è l'esposizione di una personalità maschile passionale, sognatrice e romantica al massimo. Le ragazze sono oggetti del desiderio utili a quest'esposizione.

E' questa la più grande differenza rispetto al modello di Moccia, in cui invece il protagonista vero, sotto mentite spoglie, è la ragazza, mentre le figure maschili, pur essendo i motori della storie, sono e rimangono gli oggetti del desiderio, i personaggi "guardati" dallo sguardo che regge il film, in questo senso più approfonditi, sfaccettati e fedeli agli stereotipi virili sul genere. D'Avenia invece mette al centro di tutto un ragazzo che guarda due ragazze con le sue inquietudini, i suoi movimenti interiori, donandogli indecisioni e lotte intestine che somigliano molto al modo femminile di vivere i sentimenti.
Nell'adattare il materiale letterario il film sceglie di puntare smaccatamente sul registro di commedia (cosa che invece i precedenti sul genere in linea di massima evitavano), con una famiglia macchietta e sdrammatizzanti scene di vita scolastica che diluiscono il dramma della malattia che domina la seconda parte del film.

Oltre a questo Bianca come il latte, rossa come il sangue è eccessivamente modellato su un'epica della vita scolastica che non si nega nulla, nemmeno la figura del professore-amico interpretato da Argentero (D'Avenia stesso è professore di liceo) o la più classica delle sfide risolutive nel torneo di calcetto dell'istituto, e pur passando sopra ad un invadente placement di Enel, non è possibile non notare la difficoltà nel bilanciare tutti i diversi registri che desidera mettere in scena.
L'estremo dolore della malattia, l'estrema passione dell'amor giovanile, l'estremo patimento e l'estrema preoccupazione dei genitori. Teso tra mille istanze Bianca come il latte, rossa come il sangue sbanda costantemente nella retorica e nello smielato, a partire dall'insistita metafora del titolo. Forse la cosa più fastidiosa in assoluto.

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