Between 1x01 "School's Out": la recensione

Il pilot di Between, collaborazione tra City e Netflix, è deludente e già visto

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Esistono progetti che nascono condannati fin dall'inizio alla mediocrità, che non cercano nemmeno di costruire qualcosa che possa tradursi in un successo o in un fallimento, ma che si accontentano di uno spazio tra la superficialità e l'oblio immediato. Between, nemmeno a dirlo, è uno di questi, e anche se la dicitura "Netflix Original Series" potrebbe trarre in inganno, è chiaro fin da subito che ci troviamo di fronte ad uno show che nasce sotto presupposti creativi e produttivi completamente diversi rispetto a House of Cards o Orange is the New Black.

La storia si svolge nella poco caratteristica cittadina di Pretty Lake, flagellata dall'oggi al domani da una piaga improvvisa che non lascia scampo, che non si manifesta con sintomi e che porta via in breve buona parte della popolazione. Un giovane deduce in breve che, per qualche motivo non meglio chiarito, l'epidemia colpisce solo le persone che hanno più di 21 anni di età. Mentre la zona viene messa in quarantena, con le autorità che innalzano una recinzione sorvegliata lungo tutto il perimetro, all'interno del paese seguiamo la vita di una decina di persone – la maggior parte delle quali evidentemente molto giovane – che si scontrano e si incontrano mentre la città inizia ad andare in pezzi. Il riferimento più simile a qualcosa in onda in tv al momento è Under the Dome.

L'altro, e più decisivo, partner alle spalle della produzione è il canadese City. Il più blasonato servizio di streaming a pagamento, che ha partecipato alla produzione, svolge quasi il ruolo di ospite. Le puntate, sei in tutto, non sono state messe a disposizione negli Stati Uniti tutte nello stesso momento, ma seguiranno la programmazione settimanale canadese, e hanno anche una durata singola sui 40 minuti, più vicina ai prodotti dei tradizionali network. La possibilità di binge-watching avrebbe potuto rappresentare un'ancora di salvezza per la serie, considerati anche gli appena sei episodi previsti. Così com'è invece non è possibile pensare di concedere alla serie una seconda possibilità.

La stessa direzione di Jon Cassar, che è regista e produttore storico di 24, viene risucchiata nella superficialità di un pilot che non si ferma un secondo, ma che non approfondisce nulla. Se il plot non brilla per originalità, non c'è un barlume di creatività nella visione alle spalle: il luogo è quanto di più generico si possa immaginare, i protagonisti (con mossa di sceneggiatura ad hoc tutti giovani) sono i classici personaggi incamerati e serviti in confezioni standard da una dozzina, la storia salta da un momento all'altro con rapidità disarmante senza costruire motivazioni e caratterizzazioni.

In questo clima di piattezza avrebbe aiutato un po' di leggerezza e autoconsapevolezza – quella tipica di alcuni film tv dalla durata fiume che fanno la fortuna della programmazione della domenica pomeriggio di qualche rete nostrana – e invece tutto è tremendamente serioso. Lo è in un modo così inadeguato e fuori luogo da scatenare la risposta emotiva opposta, così che all'ennesimo cadavere scoperto dal protagonista con espressione d'argilla, non potrà che scattare una risata liberatoria.

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