Better Call Saul 6x03, Tra l'incudine e il martello: la recensione

La recensione dell'episodio 3 della stagione 6 di Better Call Saul, intitolato Tra l'incudine e il martello e disponibile su Netflix

Condividi

Spoiler Alert
Una lunga e lenta carrellata si muove nel deserto minacciato dall'arrivo di un temporale, fino a soffermarsi su un oggetto ricurvo che giace a terra alla base di un fiore blu, che cresce tra la sabbia e la polvere in memoria di una tragedia avvenuta in quel luogo alla quale stiamo per assistere.

Siamo solo al terzo dei tredici episodi di questa ultima stagione del prequel di Breaking Bad, ma questa settimana abbiamo assistito a un episodio che non avrebbe sfigurato come finale di stagione. Quarantacinque minuti intensi e senza respiro che segnano il destino di uno per protagonisti storici della serie.

Piano di battaglia

In una puntata che vede la sua presenza ridotta al minimo, in attesa di sviluppi più concreti nelle prossime settimane, non è ancora chiaro quale sia il piano di Saul Goodman contro Howard Hamlin: lo vediamo prima impegnato a sistemare dei post-it dietro a un quadro (lo stesso che vediamo portare via dalle autorità che svuotano la villa di Saul nel flash forward all'inizio della premiere della stagione), a valutare le sue mosse fino a decidere, sotto consiglio di una Kim sempre più audace, di rubare l’auto dell’avvocato avversario.

Per farlo, mette in atto la truffa del posteggiatore, l’ennesimo dei suoi piani estremi e ad alto rischio, grazie al quale riesce a ottenere una copia della chiave dell’auto di Howard. A lavoro compiuto, Huell Babineaux, sua guardia del corpo e complice, chiede all’avvocato perché lui e la moglie, che guadagnano bene con un’attività legittima, si dedichino ad attività così rischiose. Saul cerca dì giustificarsi citando un disegno più ampio che include la firma dell’accordo per la Sandpiper, ma sembra vacillare, forse consapevole che quello che era iniziato come un gioco per vendicarsi si sta trasformando in qualcosa di molto più serio.

L'avvocato del diavolo

Per un Saul che sembra perdere certezze, anche questa settimana assistiamo a Kim che sembra fare un ulteriore passo in una direzione sempre più pericolosa: il procuratore Suzanne Ericsen la mette al corrente di aver scoperto che Jorge de Guzmán, il cliente di Saul, era in realtà il narcotrafficante Lalo Salamanca e che l’uomo è morto in Messico. Quando chiede a Kim in buonafede di informare Saul, convinta che l’uomo sia coinvolto in una situazione pericolosa della quale non è al corrente, non sa che la professionista integerrima che conosceva non è più quella di una volta. Kim, infatti, riferisce le informazioni a Saul, ma invece dì indirizzarlo sulla giusta strada, come avrebbe fatto una volta, gli ricorda che ha due opzioni: diventare una spia o un amico del cartello, consigliandogli di giocare bene le sue carte. Kim non sembra intenzionata a tornare indietro ed è sempre più incline ad abbracciare il rischioso stile di vita del marito. Settimana dopo settimana, la sensazione che si stia (letteralmente?) scavando la fossa è sempre più forte e la sua interprete, Rhea Seehorn, è bravissima a metterne in scena il drammatico cambiamento.

Il cuore di un criminale

Per una storia che procede a passo cadenzato, un’altra trova la sua inevitabile conclusione in questa puntata. Che il destino di Nacho Varga fosse segnato era ormai chiaro, ma come si sarebbe compiuto era tutto da scoprire. Con il pick-up distrutto dopo lo scontro con gli uomini dei Salamanca dell’episodio precedente, Nacho tenta la fuga a piedi, arrivando perfino a nascondersi in una cisterna abbandonata, all’interno della quale si immerge in una pozza di olio per il tempo necessario a far perdere le sue tracce.

Arrivato a un’officina, chiama il padre: l’uomo, convinto che il figlio si sia cacciato in uno dei suoi tanti guai ai quali è abituato, gli consiglia, come ha sempre fatto, di chiamare la polizia. È questo contatto a distanza con una persona a cui tiene che fa capire a Nacho quello che deve fare. Chiama Mike (assistiamo, quindi, alla telefonata della scorsa puntata dall'altro capo del telefono) e quando capisce che l’uomo non l’ha tradito e che è disposto, anche a nome di Gus, a garantire la sicurezza dì suo padre, acconsente a essere riportato negli Stati Uniti per essere consegnato ai Salamanca come unico responsabile dell’attacco alla villa di Lalo (per conto di un personaggio, Alvarez, che ancora non conosciamo e che probabilmente incontreremo nei prossimi episodi).

Fine della corsa

È quindi nel deserto che avviene lo scambio tra gli uomini di Fring e i Salamanca.

Nacho mantiene la sua parte dell'accordo, ma non appena è nelle mani degli uomini di Hector, con un pezzo di vetro affilato (l'oggetto visto nel piano sequenza di apertura), ferisce Juan Bolsa, uno degli uomini di punta del cartello, prendendolo in ostaggio con la sua pistola. È stato lo stesso Bolsa a ricordargli che ci sono "buone morti e cattive morti" e Nacho non ha intenzione di lasciare il suo destino nelle mani dei suoi avversari: davanti alla sua fine ormai inevitabile , decide di togliersi la vita da solo sparandosi in testa. Non prima, però, di aver confessato a Hector di essere stato lui a ridurlo nelle condizioni in cui è adesso. Un ultimo momento di rivalsa personale prima dello sparo che elimina dalla serie uno dei suoi personaggi cardine, un criminale tanto spietato quanto dotato di un senso morale e di un'umanità che, grazie anche alla splendida performance di Michael Mando, lo rendono l'ennesima grande creazione di Vince Gilligan e Peter Gould che resterà negli annali della serialità contemporanea.

In attesa dei prossimi episodi, c'è da chiedersi, ora che una delle storyline principali è già stata chiusa in apertura di stagione, in che direzione si muoverà la narrazione e quali saranno le sorprese che Better Call Saul ha in serbo per noi spettatori. Se il buongiorno si vede dal mattino... ci aspetta una corsa memorabile.

Trovate tutte le notizie e le recensioni di Better Call Saul nella scheda.

Continua a leggere su BadTaste