Better Call Saul 3x10 "Lantern" (season finale): la recensione

La recensione dell'ultimo episodio della stagione di Better Call Saul, intitolato Lantern

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Spoiler Alert
Tutti gli antieroi sono Ozymandias. Nel grande tema del caos suonato da Vince Gilligan rimane ferma la considerazione per cui gli uomini sono sempre responsabili delle loro azioni. Contro il destino avverso e le fatalità imprevedibili, rimane puntuale l'idea di un'autodeterminazione che priva i protagonisti di qualunque scusante. Sia esso il cancro o un fratello invidioso, le circostanze esterne vengono sempre filtrate attraverso la natura della persona, e questa è la prima e ultima considerazione, l'unica che infine conti qualcosa. Better Call Saul incamera perfettamente questa lezione e nell'episodio conclusivo della stagione rilascia fiumi di odio, racconta il crollo definitivo di imperi e menti geniali, imbocca una strada senza ritorno e forse senza speranza.

Lantern si apre e chiude sull'oggetto che dà il titolo all'episodio, luci diverse che racchiudono lo spazio di una vita e di un rapporto fraterno arrivato al collasso. Tanti anni prima, in una tenda, il più maturo Chuck legge al fratellino Jimmy “The Adventures of Mabel”, e tutto, come nella fiaba, sembra tendere a un lieto fine. Decenni dopo, quella lanterna si spegne, Chuck la fa cadere sul pavimento, ultima luce rimasta a rischiarare un rudere devastato all'interno, immagine che rispecchia fin troppo bene lo stato d'animo del personaggio. Ne scaturisce un incendio sul quale scorrono, mesti, i titoli di coda della terza stagione di Better Call Saul.

Considerazioni ormai abituali dopo tre anni, ma la serie della AMC rimane l'esempio splendido e invidiabile su come costruire uno spin-off valido e rispettoso. Coerenza, rispetto della mitologia, ma nessuna schiavitù da questa. Nessun timore di togliere allo spettatore la soddisfazione immediata di legami che già conosce, e che quindi si basano su un feeling precostituito. Coraggio invece, quello di raccontare nuovi rapporti, nuovi personaggi, nuovi silenzi nei quali fortificare il nostro pensiero e il nostro coinvolgimento. La regia, quella magnetica, essenziale, ma così densa nel raccontare spazi svuotati come le persone che li abitano.

La casa di Chuck certamente, che qui continua ad accarezzare l'idea di poter guarire dalla propria condizione. Ci riesce per certi versi, ma l'ossessione rimane. Ma anche l'ufficio di Jimmy e Kim, che torna ad essere vuoto. Qualche episodio fa qualcuno puntualizzava che la linea pitturata sullo sfondo ricordava un crollo azionario. Quell'immagine ritorna, ma a crollare è tutto il resto. Sprofondano tutti i personaggi. La fortissima Kim, che dopo l'incidente fatica a riprendersi, il già citato Chuck, che perde il lavoro e dice con pacatezza inquietante a Jimmy cosa pensa di lui, e poi lo stesso Jimmy. Ed Hector Salamanca, naturalmente, con una scena a lungo attesa.

C'è un discorso sulla natura umana che Chuck fa a Jimmy e che è drammatico nella sua essenza. Noi siamo ciò che siamo, e non esiste salvezza al di fuori di questo. Come può tutto questo conciliarsi con il discorso sull'autodeterminazione che facevano all'inizio? Forse non può, forse gli uomini, i grandi uomini dalle grandi menti, sono liberi solo apparentemente. In realtà sono schiavi delle loro ossessioni, della loro necessità di agire al di sopra di una moralità che non riconoscono come propria. Questo è il Delitto e castigo che ci viene narrato ancora e ancora, tanto nella tragedia di Walter quanto in quella di Jimmy, che stavolta verrà smascherato di fronte a tutte le vecchiette che ha ingannato.

Nulla di tutto questo è scontato, così come la caratterizzazione dei personaggi rifugge la distinzione tra bene e male. Se l'assoluto esiste, esso appartiene alle maschere del Male: Heisenberg e Saul. Better Call Saul, la risposta è già qui nel titolo, un po' diversa dal significato solito. Rivolgersi ad un'identità esterna al sé è l'unico modo per venire a patti con se stessi, abbracciare ciò che intimamente ed egoisticamente si desidera essere in quel momento, ma che la nostra natura, mai così netta, non ci permetterà di essere. Non è conciliante, non è piacevole, ma nessuno ha detto che deve esserlo. Jimmy è simpatico, ma ciò non fa di lui un buono. Chuck è odioso, ma non ha del tutto torto.

Better Call Saul e Breaking Bad rimestano nelle categorie del noir scomponendole, risalendo agli archetipi e scavando in profondità. In queste sfumature si annida il motore di una delle migliori serie in onda.

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