Better Call Saul 2x09 "Nailed": la recensione

Better Call Saul continua a raccontare la perfezione con semplicità: grandi interpretazioni, grande scrittura, grandi personaggi

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Spoiler Alert
Se Better Call Saul fosse più bello, sarebbe Breaking Bad.

Il Breaking Bad dei tempi migliori, una serie verso la quale il nuovo show di Gilligan non soffre e non ha mai sofferto di sindrome di inferiorità. Cosa si può dire di Nailed, penultimo episodio della stagione? Poco, anzi pochissimo che non si sia già detto per le puntate precedenti in particolare e per la serie in generale. Tra le molte caratteristiche che Better Call Saul ha ereditato dalla serie madre, c'è quella di far sembrare semplice la perfezione, di non far pesare i risvolti autoriali di una vicenda che è pensata e raccontata per essere apprezzabile da chiunque. Ancora qui abbiamo grandi momenti, grandi interpretazioni, grande scrittura, e possiamo gioire di un intenso piacere nella narrazione.

Il sabotaggio messo in atto da Jimmy la scorsa settimana contro suo fratello dà immediatamente i suoi frutti. Chuck fa una pessima figura e il prestigioso caso di Mesa Verde (ma potrebbe chiamarsi in qualunque modo e riguardare qualunque cosa, dato che è un semplice mezzo di scrittura) ritorna nelle mani di Kim, che nel frattempo sta facendo i salti mortali con Jimmy per rimettere a posto la nuova sede dell'ufficio legale. Qualunque altra persona avrebbe pensato alla motivazione più semplice: un errore personale. Non Chuck, che mangia la foglia e ricostruisce con chirurgica precisione tutte le mosse compiute da Jimmy per fregarlo. Idem per Kim. In bocca a chiunque altro, la tesi di Chuck sembrerebbe il vaneggiamento di un paranoico, ma non per lei. In un gioco di mosse e contromosse, qualcuno deciderà di assumere una certa posizione, mentre qualcun'altro correrà ai ripari. Il tutto verso un finale tesissimo.

Better Call Saul rimane una serie grandiosa perché crede fermamente nel potenziale dei suoi personaggi piuttosto che in quello delle sue situazioni o del suo intreccio. La scena finale in cui Jimmy si trova tagliato fuori dal momento di crisi e pericolo fatale che sta correndo suo fratello è emblematica. Ci interessa perché riconosciamo il valore nel momento non tanto di per sé quanto per ciò che rappresenta per i protagonisti che conosciamo ormai bene. Un attimo prima siamo totalmente dalla parte di Jimmy e temiamo che il commesso possa tradirlo nonostante tutto, un attimo dopo ci sentiamo impotenti come lui di fronte all'accaduto. Come al solito la gestione del ritmo, degli spazi, la chiusura secca della puntata: tutto è perfetto.

Ma non è solo questo ovviamente. È la capacità di gestirsi tra approfondimento psicologico, esigenze di trama sempre subordinate alla coerenza dei personaggi, diversi toni. Sì, perché in tutto questo c'è anche il tempo per un momento leggero e spassoso in cui Jimmy si introduce in una scuola e convice due maestre che è lì per girare un documentario, quando invece vuole solo realizzare uno spot. Quindi dalla commedia al dramma e viceversa. La scena in cui Chuck racconta a Kim cosa è accaduto mentre Jimmy assiste alla reazione di entrambi condensa in maniera fluida, mai didascalica, sempre stimolante, il valore che il gioco dei ruoli e delle maschere ha sempre assunto in questo universo.

La gestione Gilligan migliora tutto, ma Rhea Seehorn è un valore aggiunto sul quale non si sono spese abbastanza parole fino ad ora. È il suo personaggio a far pendere la bilancia da un lato nel momento più decisivo, è forse lei la più grande protagonista di questa seconda stagione, quella che vive il conflitto più grande e inafferrabile.

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