Better Call Saul 2x08 "Fifi": la recensione

Better Call Saul si avvicina al finale di stagione: lo fa mantenendo il solito alto livello di scrittura

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Spoiler Alert
La tarantola che fa capolino tra le coloratissime cravatte di Jimmy nella cold open di Fifi, ottavo episodio di Better Call Saul, ci riporta all'indimenticabile prologo di quel capolavoro che era Dead Freight. Automaticamente, getta una luce particolare sulla lunga sequenza iniziale in cui una giostra di furgoni e un gelato ci raccontano dei loschi affari sul confine. Evidentemente a quel punto ci aspettiamo che il contenuto venga ripreso più avanti, che quella pistola celata con attenzione e recuperata dal contrabbandiere serva a qualcosa. Osserviamo con attenzione, contiamo i minuti che ci avvicinano al finale, e poi tutto si spegne su un momento di normale interazione familiare che – è facile prevederlo – nasconde qualcosa di più e rimanda alla prossima settimana le conseguenze. Una considerazione, questa, che varrà per più storyline.

L'episodio lega quindi le estremità escludendo, tranne pochissimi momenti, la parte centrale, nella quale il personaggio di Kim diventa protagonista e perno dell'ennesimo incontro/scontro fra Jimmy e Chuck. Alla notizia delle dimissioni di Kim la HHM corre ai ripari cercando di non lasciarsi sfuggire il caso di Mesa Verde. Scende in campo con tutte le sue forze e con visibile sofferenza anche Chuck, che tira fuori la sua "arringa" migliore per convincere i clienti a rimanere nello studio originale: una stretta di mano che taglia le gambe, ma non l'entusiasmo, a Kim e Jimmy, determinati ad andare avanti. Il protagonista si riprende la scena nel momento in cui decide di sabotare l'accordo approfittando della malattia di Chuck e intervenendo direttamente e pesantemente sulla documentazione del caso.

A più riprese Fifi sceglie la via della manipolazione silenziosa. In una serie in cui le situazioni spesso vengono plasmate in meglio o in peggio tramite la forza delle parole, abbiamo un incipit di quattro minuti che segue il tragitto di alcuni furgoni, un montaggio frenetico che ci racconta il sabotaggio di Jimmy, un doppio momento finale, che parte come solare e finisce in ombra, in cui un tubo viene perforato e riempito di chiodi. Camion dopo camion, foglio dopo foglio, chiodo dopo chiodo, questo repertorio ciclico di suggestioni ci racconta di personaggi, caratteri e situazioni intrappolati in un loop dal quale non possono liberarsi. Better Call Saul lavora sempre in modo sottile sulla consapevolezza di sé, sul modo che i personaggi hanno di obbedire e lasciarsi andare alla loro indole più intima. La domanda mai posta, ma suggerita, è: questa è vera libertà? Essere schiavi di se stessi?

Chuck ad esempio. Perché rischia la propria salute e si getta anima e corpo, pur se l'idea non parte direttamente da lui, per cercare di salvare – dal suo punto di vista – il caso Mesa Verde? Vuole colpire indirettamente Kim per invidia? Vuole, al contrario, preservare il buono del suo lavoro, consapevole che in qualche modo il caso sarebbe stato sporcato (e Chuck ha una visione quasi sacra della legge)? Better Call Saul come sempre lavora sul fascino e sullo stile delle situazioni, più che sull'intreccio in senso stretto, ed è anche per questo che, ad un livello più superficiale, questa settimana – e in questa stagione in generale – accade poco.

D'altra parte il modo in cui le situazioni sono veicolate e costruite (fosse anche un banale momento di interazione tra nonno e nipote) lascia sempre emergere quella densità e profondità che ci spingono a chiedere, a visione terminata, cosa effettivamente volesse dire Chuck quando si rivolge a Jimmy ringraziandolo per l'assistenza e dicendogli che a parti invertite avrebbe fatto lo stesso. In un granello di scrittura così troviamo senso di colpa, affetto, invidia, etica professionale. Per capire quanto curata è questa serie, non bisogna guardare Jimmy o Mike, bisogna concentrarsi su Kim e Chuck. Questa è grande scrittura, una che non riduce il personaggio a semplice estensione del protagonista, a un blocco monodimensionale che serve ora a costruire, di riflesso, empatia, ora a far andare avanti la trama.

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