La casa di carta - Berlino (stagione 1): la recensione

La nostra recensione della stagione 1 di Berlino, spin-off de La casa di carta disponibile su Netflix dal 29 dicembre

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La nostra recensione della stagione 1 di Berlino, spin-off de La casa di carta disponibile su Netflix dal 29 dicembre

"Questo sono occhiali per la realtà virtuale, che servono ad andare in una realtà parallela", dice Keila a Bruce nel secondo episodio di Berlino. Un momento apparentemente innocuo che diventa presto involontaria metafora dell'intera operazione. La "realtà parallela" citata dalla ragazza è quella che sia vivono i protagonisti sia quella in cui vengono immersi gli spettatori, così intrigante da apparire fuori dal nostro mondo. Questo il tratto principale dello spin-off de La casa di carta, disponibile su Netflix dal 29 dicembre. Ecco le nostre impressioni in anteprima.

Berlino: la trama

La serie racconta una delle rapine più straordinarie dell’iconico personaggio interpretato da Pedro Alonso, che ritorna nel ruolo dell’edonista e furbo Berlino: far sparire con una magia gioielli del valore di 44 milioni a Parigi.

Al suo fianco, la sua nuova banda: Michelle Jenner (Isabel) interpreta Keila, un genio dell’ingegneria elettronica; Tristán Ulloa (Fariña – Cocaine Coast) veste i panni di Damián, un professore filantropo e il consigliere di Berlino; Begoña Vargas (Benvenuti a Eden) è Cameron, una ragazza impulsiva che vive sempre al limite; Julio Peña Fernández (Dalla mia finestra) dà vita al ruolo di Roi, il fedele seguace di Berlino; Joel Sánchez interpreta Bruce, l’instancabile uomo d’azione della banda.

Il fascino per un mondo criminale di lusso

Da La casa di carta, Berlino riprende le due coordinate su cui far muovere la narrazione: il colpo, da portare a termine con alto tasso di spettacolarità e stratagemmi, e le vicende private di ciascun personaggio. Lo spin-off si concentra però soprattutto sulla seconda, relegando la rapina, specialmente nella prima parte, a sfondo delle avventure romantiche del protagonista, che si dice guidato da "denaro e amore".

Quello di Pedro Alonso è infatti un personaggio affasciante perno di un mondo di criminali altrettanto affascinante, tanto poco realistico quanto attraente. I protagonisti soggiornano in hotel di lusso e si dedicano a sesso e feste, il loro stesso obiettivo è di alta classe, da raggiungere con eleganza e moderne tecnologie. Un microcosmo popolato da bei ragazzi e belle ragazze, in cui anche chi inizialmente è caratterizzato come nerd e asociale (Keila) scoprirà presto il suo potere seduttivo. In cui certi rapporti tra i personaggi e sviluppi narrativi sembrano vecchio stampo, i sentimenti sono sempre esasperati, le situazioni spesso improbabili. Se lo si accetta, la serie risulta un prodotto d'intrattenimento ben confezionato.

Un buon prodotto d'intrattenimento

Se infatti in molti aspetti Berlino appare una soap opera, questo non stupisce certo, né deve essere considerato un aspetto negativo. Come la serie madre, lo spin-off propone una galleria di personaggi caratterizzati ciascuno da pochi e semplici tratti. Un procedimento che sacrifica le possibile sfaccettature ma favorisce l'immediata empatia del pubblico. A questo versante, gli autori (Esther Martínez Lobato e Álex Pina) sanno mescolare bene l'anima più spettacolare, garantendo (quasi) sempre la scorrevolezza e la piacevolezza del racconto.

Berlino infatti diventa più macchinoso esattamente quando diverge da questo tracciato. In primis, cercando di dare spessore al racconto attraverso parentesi sulle backstory dei personaggi, in cui far emergere alcune tematiche tipiche della contemporaneità. O quando, per perseguire una maggiore spettacolarità, propone alcuni passaggi che appaiono forzati e slegati dalla trama principale, rallentandone il corso. Tolti questi piccoli passi falsi, nei suoi otto episodi della prima stagione la serie risulta molto compatta e viaggia decisa verso la provvisoria conclusione, nell'attesa di nuovi colpi dell'Houdini del crimine.

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