Berlino 2012: Molto Forte, Incredibilmente Vicino - la recensione
Stephen Daldry confeziona un film strappalacrime che si prende alcune libertà rispetto al romanzo originale e propone interpretazioni da applausi...
Ci sono film che non c’è niente da fare, sai che ciò che stai vedendo è oltremodo strappalacrime, che ogni scena madre (e sono molte) è costruita per commuoverti e che è proprio su questo senso di colpa - lo spettatore si sente più fortunato del protagonista della vicenda - che gli autori hanno puntato forte per convincerti che il tutto ti piaccia, ma non ci puoi fare niente, è difficile resistere e già dopo pochi minuti sei una fontanella.
E dire che per il resto questa trasposizione dal celebre libro di Jonathan Safran Foer non è niente male. I giri per la città del ragazzino che cerca di interrogare tutti coloro che fanno Black come cognome a New York per trovare a chi appartenga una misteriosa chiave dentro una bustina con su scritto, per l’appunto, Black, funzionano sia nella costruzione di ogni incontro che nelle scene di raccordo. Con poche immagini e dettagli il regista Stephen Daldry ricostruisce un intero mondo di storie e “perdite” che erano il fulcro del libro di Foer e che qui, purtroppo, servono solo fino ad un certo punto.
Le interpretazioni di tutto il cast sono però da applausi. Seppur con poche scene, sia Max Von Sydow (candidato all’Oscar per questo film) che Sandra Bullock rubano la scena, così come è convincente il ragazzino Thomas Horn. Tom Hanks fa il suo e fa piacere rivederlo in un film di un certo valore dopo tanti passi falsi (anche se sembra in generale che proprio non gli vada più di fare l’attore).