Berlino 2012: Jayne Mansfield's Car, la recensione
Un film corale dai toni compassati e le rapide impennate. Peccato che Billy Bob Thornton non creda a sufficienza nella sua capacità di usare le immagini...
La macchina di Jayne Mansfield del titolo è quella dentro la quale l'attrice si è schiantata, un relitto che due dei protagonisti di questo film corale vanno a vedere come fosse un'attrazione (anche perchè così è presentata). Uno dei due in particolare, uno straordinario Robert Duvall, è appassionato di incidenti e spesso si sintonizza sulla radio della polizia per sapere dove andare ad ammirare i resti degli sfraceli.
Jayne Mansfield's Car racconta di due famiglie unite dal lutto di quella che è stata, in momenti diversi, la madre e la moglie di entrambe. I primi sono americani e numerosi, vivono in un equilibrio precario fatto di ribelli, reduci distrutti e figli prediletti di un padre scontroso, i secondi sono pochi e inglesi, l'elemento alieno e perturbatore che arriva a sconvolgere i suddetti equilibri costringendo tutti (essi stessi inclusi) ad affrontare le proprie contraddizioni.
Certo il paragone con il più grande tragediografo prestato al cinema è ingiusto e folle da fare, ma se il solco è quello, è anche vero che il cinema rapido e asciutto di Thornton (fatto di pochi ciak, quasi nessuna prova e grande fermezza nelle decisioni) riesce a stimolare più di quanto non si direbbe.
L'impianto è abbastanza matematico (nel film si formano diverse coppie tra americani e inglesi, ognuna pronta a risolvere i reciproci problemi) e molto è affidato ai dialoghi, il che è un peccato. Perchè quando invece il film ha l'audacia di affidarsi alla forza delle immagini, riesce a compiere un salto deciso in avanti. Esemplare è, ad esempio, il momento in cui Billy Bob Thornton parla del trauma di guerra (poco esaltante) e quello che arriva di lì a poco in cui lo stesso trauma è esemplificato dal suo presentarsi con il corpo dilaniato dalle ustioni e le medaglie appuntate sulla carne.