Berlino 2012: Iron Sky, la recensione

Tanto atteso quanto deludente il primo film finanziato dalla rete (ma solo per il 10%) si rivela la sua più superficiale celebrazione...

Critico e giornalista cinematografico


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Diventato noto in rete negli ultimi sei anni per essere stato uno dei primi progetti in assoluto (non solo nell'ambito del cinema) a rivolgersi pesantemente (e si può dire anche pedantemente) al crowdsourcing, Iron Sky (conosciuto anche come: i nazisti sulla Luna), in virtù del suo concept peculiare, di alcuni teaser ben confezionati e di una martellante campagna di raccolta fondi, era diventato una specie di ossessione collettiva.

Ora che viene finalmente presentato sbandiera un budget totale di 7 milioni di dollari di cui solo uno proveniente dal crowdfunding, il resto ce lo hanno messo produttori finlandesi, australiani e tedeschi "grazie al baccano fatto online", sostengono loro. Cifra alta ma comunque bassa per un film di fantascienza con "890 inquadrature elaborate in CGI, tanti quanti Transformers" a detta del regista (ad ogni modo, Moon di Duncan Jones era costato 5 milioni).

Il risultato è quello che ci si poteva aspettare: un non-film, ovvero un'opera girata da qualcuno che non viene dal mondo del cinema ma ha più confidenza con la rete. Un racconto scritto in maniera confusa e senza ritmo o fluidità che aggrega variazioni dei principali meme degli ultimi anni (c'è una citazione di La Caduta, una della scarpa tirata a Bush e via dicendo), orchestrandogli intorno una storia esile esile, simile per banalità a quelle che reggono i film di Mel Brooks. Ma se nel caso del re dello spoof l'inconsistenza della trama è solo un altro modo di decostruire un genere, in questo caso è solo povertà. Non si intravede infatti in nessun caso conoscenza, maestria o anche solo un guizzo realmente devastante, The Iron Sky appare come un lungo lungo trailer, ovvero una sequenza di scene autoconclusive legate da un filo conduttore elementare.

Quant'è peggio il film di Timo Vuorensola è anche un instant movie, legatissimo all'attualità ma non alla contemporaneità. Come capita spesso ai film dalla lunga gestazione anche in questo caso i riferimenti e le prese in giro (degni di Scary Movie) sono tutti superati. Dalla presidenza Palin, all'invasività della politica Bush Jr. fino alla MIR (!!!).

Timo Vuorensola non scappa alla sensazione di voler celebrare la più superficiale cultura internettaria, quella priva di elaborazione intellettuale e fondata sulla condivisione di massa. Esempio ne è la sua insistita ed eccessiva retorica antiUSA, una valanga di battute e situazioni che mirano (molto poco sottilmente e spiegando ogni battuta a parole, come farebbe Ezio Greggio) ad attaccare la politica estera aggressiva dei governi conservatori a stelle e strisce, con il medesima approfondimento intellettuale con il quale si ricondivide un appello sui social network.

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