Berlinguer - la grande ambizione, la recensione: Elio Germano nel ritratto intenso di un leader politico in crisi

Cinque anni difficili raccontati benissimo dentro la vita politica e privata di Enrico Berlinguer

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Il ritorno del Concorso alla Festa del Cinema di Roma ci ha visti già due volte aprire la kermesse competitiva. L'anno scorso con C'è ancora domani di Paola Cortellesi (Premio speciale della Giuria + Premio del pubblico + menzione speciale Miglior Opera Prima) e quest'anno con Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre. Vincerà qualcosa? Non lo sappiamo. Sicuramente possiamo immaginare che non arriverà a incassare i quasi 37 milioni di euro di C'è ancora domani.

È un film molto interessante e rigoroso. È fotografato restituendo un'immagine arrugginita e cromaticamente desaturata che nelle parti fiction si mescola bene con immagini di repertorio (manifestazioni, telegiornali, reportage). Quello di Segre è un dramma politico vissuto nelle stanze del potere e negli interni borghesi. Seguiremo l'operato di Enrico Berlinguer dal 1973 al 1978 nel mondo (dalla Bulgaria a Mosca), dentro la sede del Partito Comunista Italiano (cresce di elezione in elezione arrivando nel 1976 al 34,37%) e tra le mura di casa (verrà contestato da un figlio che indossa la kefiah palestinese come si fa in Occidente a mo' di sciarpa). Ci ha ricordato il bellissimo Oppenheimer di Christopher Nolan, ovvero è il resoconto drammatico del tormento del singolo individuo di caratura eccezionale (lì scienziato, qui politico) dentro un contesto storico che mette a dura prova le sue convinzioni e speranze.

Gran bel film. Soprattutto utile per le nuove generazioni per analizzare (“i geni vanno studiati, non celebrati”, diceva giustamente Andrea Pazienza) la complicata situazione geopolitica in cui si trova quest'omino mezzo gobbo dalle orecchie a sventola tutt'altro che tronfio, narciso o superficiale come i suoi colleghi di oggi. È un Berlinguer che dal 1973 al 1978 dovrà tenere a bada l'URSS (che non lo ama troppo in quanto inossidabile democratico e riformista alla Salvador Allende), distinguere con forza il PCI dall'eversione dei gruppi armati, assicurare la posizione italiana dentro il Patto Atlantico e provare ad affrontare con Aldo Moro un percorso politico delicato ma fondamentale che possa unire il paese invece di spaccarlo definitivamente.

L'eccellente Elio Germano rinnega istrionismi e scene madri per aderire a una rappresentazione meticolosa del modo di ascoltare e argomentare di Berlinguer. Utilissimo, e malinconico, vedere questo film oggi per ricordare quei giganti dell'arte politica.

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