[Berlinale 2018] Yocho (Foreboding), la recensione
Invasioni, alieni e l'esigenza di conoscere meglio gli esseri umani, Yocho è un tonfo nell'acqua per Kiyoshi Kurosawa
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Più vago di così non poteva tenersi Kiyoshi Kurosawa nel raccontare un’invasione aliena soft, senza clamore, astronavi, mostri o altro, ma molto low budget, con gli alieni che prendono il posto di alcuni umani come in L’Invasione Degli Ultracorpi e con calma iniziano a studiare gli abitanti della Terra. Ognuno di questi alieni mescolati a noi sceglie una “guida”, cioè un’altra persona a cui rivela la verità e obbliga ad insegnarli i concetti base del nostro modo di ragionare e provare sentimenti.
Inutile dire che Foreboding non ci va nemmeno vicino. Questo film di fantascienza solo a parole, che rifiuta di aderire alle regole del genere senza sostituirle con qualcosa di più appassionante, ma con un piccolo dramma di due persone poco interessanti nel contesto meno raccontato e illustrato della carriera di Kurosawa, ha anche il brutto difetto di non riuscire ad aprirsi come era accaduto in passato a quest’autore tramite attimi così significativi da giustificare un intero film di preparazione.
E davvero l’idea che gli alieni debbano conoscere i concetti primitivi che muovono gli abitanti della Terra, come meccanismo per esporli, parlarne, metterli in primo piano e girarci intorno è di una povertà disarmante.
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Così la protagonista scoprirà che suo marito è una guida, costretto a sacrificare altre persone vicino a lui a cui l’alieno, travestito da dottore di un ospedale, sottrae i concetti che gli interessa apprendere toccandoli con un dito. Come E.T., solo più minaccioso. Solo lei, la protagonista, è misteriosamente immune a tutto ciò. Scopriremo perché alla fine? No. Kurosawa non ci tiene, non vuole parlare di sopravvivenza o di persone ordinarie in situazioni estreme, pronte a rivelare le fondamenta dell’istinto. E nemmeno vuole fare un film sugli “altri” come spesso sono quelli di invasione aliena, vuole semmai parlare di uguaglianza, umanità, coesistenza e della paura come movente fondamentale dell’umanità.
E davvero l’idea che gli alieni debbano conoscere i concetti primitivi che muovono gli abitanti della Terra, come meccanismo per esporli, parlarne, metterli in primo piano e girarci intorno è di una povertà disarmante.