[Berlinale 2017] I Am Not Your Negro, la recensione

Documentario di parola, I Am Not Your Negro presenta James Baldwin attraverso il suo pensiero com una montagna ferma durante una tempesta

Critico e giornalista cinematografico


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La forza della parola emerge potente, abbacinante e destabilizzante da I Am Not Your Negro, che racconta James Baldwin a partire da 30 pagine di una sua opera incompleta, lette fuoricampo da Samuel L. Jackson e contrappuntate con foto di repertorio, video e qualche momento del vero Baldwin che parla. Tra discorsi letti da Jackson e discorsi pronunciati da Baldwin, questo documentario dovrebbe essere la negazione del cinema e invece il suo trionfo e il suo mistero sta proprio nel fatto che non lo è. Anzi.

Certo c’è un modo di incastrare le immagini, metterle in relazione di concordanza o antitesi con quel che viene detto e anche un “montaggio delle frasi” che è magistrale, tuttavia l’impressione è che la forza stavolta stia nel sapore porre l’enfasi corretta nei momenti corretti.
Baldwin ricorda la sua storia personale, ricorda Malcolm X, Martin Luther King e Medgar Evers con una lucidità impressionante, con quella stessa esatta capacità di sintesi con cui il cinema manipola audio, video, montaggio e tutto ciò di cui è fatto.

La verità è che questo è un paese che non sa cosa farsene dei negri” è una delle molte conclusioni a cui Baldwin arrivava a metà anni ‘60, all’apice degli scontri e delle rivendicazioni afroamericane. Là dove qualcuno predicava azione e violenza, altri pace e tolleranza, Baldwin parlava in televisione, parlava nelle università, scriveva e promuoveva un pensiero che ancora oggi stupisce per rigore, semplicità e decisione.

Non privo di una sua intellettuale combattività (“Il mondo non è bianco. Bianco è solo una metafora di “potere”. Oppure di Chase Manhattan”), il documentario di Raoul Peck riesce a rendere appassionanti gli studi afroamericani dell’epoca, coinvolge in un problema attraverso il suo dibattito culturale. Senza nascondere scontri e dimensione violenta, senza rigettare la rabbia che si percepiva per le strade, il senso di ingiustizia degli attentati, il senso di impotenza dei conflitti con la polizia e i suprematisti bianchi, I Am Not Your Negro risponde attraverso discorsi di un’altra epoca che stanno in piedi, fermi come la montagna, cristallini come l’etica che li anima, epici come la costruzione sintattica che li forma. Un trionfo di buon linguaggio letterario, retorico e audiovisivo.

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