[Berlinale 2017] Have A Nice Day, la recensione
Lungometraggio d'animazione a budget ridicolo ma pieno di idee, Have a Nice Day ha il pregio di non fare sconti a nessuno, mai, in nessun caso
Cartone ben poco animato, molto curato nel character design minimale e realistico ma soprattutto negli sfondi fantastici, così derelitti e senza nessuna indulgenza per nessuno, questo secondo film di Jian Liu è quasi esasperante per quanto poco muova i suoi personaggi, eppure è anche molto sveglio nel farlo percepire il meno possibile.
Era da Black Coal, Thin Ice (in italiano senza nessun ritegno per il senso delle parole diventato il semiologicamente opposto Fuochi D’Artificio In Pieno Giorno) che non si vedeva una Cina così sommessamente terra di nessuno, luogo di desolazione in cui qualsiasi cosa può esserti sottratta da un tuo pari da un momento all’altro. Terra in cui tutti sono sia prede che predatori, posto infame che per degrado sembra oggi la Neo-Tokyo che Akira disegnava negli anni ‘80, quello sfondo è così appropriato da ricordare quasi l’inferno in terra di The Fake, solo con molto meno afflato cinematografico e molto più uno spirito da vero e proprio affronto all’umanità che ci vive dentro e che pare non meritare altro.