[Berlinale 2016] Zero Days, la recensione

Denso eppure chiaro, Zero Days costringe Alex Gibney a limitare qualsiasi formalismo e puntare tutto sulle sue straordinarie capacità di narratore

Critico e giornalista cinematografico


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Quello su Stuxnet è uno di documentari meno inventivi di Alex Gibney, uno dei meno evocativi e sottili, ma visto il tema, le sue ramificazioni e la complessità di ciò che è spiegato e rivelato, forse uno di quelli tecnicamente più complessi. Il tema è la cybersicurezza e la guerra che gli stati si fanno tramite strumenti informatici senza che nessuno lo sappia e nessuno ne parli. Lo spunto viene dalla storia di Stuxnet, un'operazione di nuova generazione che è emersa verso la fine del primo decennio degli anni 2000 e che ha creato notevoli danni. Si tratta di un attacco informatico progettato dal governo americano e israeliano in uno sforzo congiunto, con l'obiettivo preciso di danneggiare le strutture nucleari iraniane, un'arma tecnologica sofisticata e silenziosa, creata per attaccare senza lasciare tracce solo certe macchine di una certa marca con un certo sistema operativo, ovviamente quelle equipaggiate dalle strutture iraniane. Il risultato sta nei giornali: esplosioni, fallimenti e morti.

Come si capisce dal documentario il desiderio dell'esercito israeliano di avere effetti devastanti ha portato l'operazione troppo in là e molti addetti alle grandi società che si occupano di sicurezza informatica si sono accorti che c'era qualcosa di strano in giro, l'hanno indagata e scoperto cosa accadeva.

Per spiegare tutto questo, più le complesse relazioni tra stati, l'iter burocratico attraverso il quale il governo americano riesce a mettere in piedi simili strutture, le ramificazioni del potere governativo, i rapporti tra agenzie e contractor esterni, Gibney deve utilizzare tutta la sua maestria. Limitando il campo d'azione quanto più possibile e lavorando di montaggio e spiegazioni, sia con il didascalismo corretto sia con la velocità necessaria a mantenere la narrazione appassionante, Zero Days cerca di portare ad un pubblico più ampio possibile una questione di segretezza nazionale e di cruciale importanza pre il discorso pubblico. Lo scopo del documentario, dopo aver raccontato cosa è successo con Stuxnet, è infatti quello di spiegare le conseguenze di un approccio così segreto (nessuno nemmeno oggi parla degli eventi, tutto ciò che riguarda la guerriglia informatica è segreto e dunque non ci può essere dibattito) e lo stato della questione nel mondo.

Quella di Gibney è un'operazione eminentemente politica, non diversa ma più controllata e soprattutto legale, di quelle portate a termine da Snowden o Assange. Lavorando giornalisticamente come può, con esperti e fonti tenute nascoste interne alle agenzie governative, il regista ha esposto un segreto nazionale, ha rivelato qualcosa di top secret che ritiene invece tutti debbano sapere e l'ha fatto con il medesimo spirito che anima i due grandi "nemici" americani. Come Snowden o Assange anche Gibney si allinea tra le fila di chi ritiene la circolazione di informazioni segrete un dettaglio fondamentale, come loro sembra essere convinto che, per quanto tramite le nuove tecnologie gli stati possano spiarsi e spiare i cittadini, il ruolo e la maniera in cui i cittadini riescono a spiare gli stati è altrettanto potente e importante.

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