Bentu: la recensione
Salvatore Mereu propone con il film Bentu una storia semplice che sfrutta i contrasti per suscitare emozioni e riflessioni
Salvatore Mereu firma un racconto semplice ed emozionante con il suo nuovo film Bentu, un progetto liberamente tratto dal libro Il vento e altri racconti di Antonio Cossu che è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia grazie alle Giornate degli autori. Il regista e sceneggiatore, in poco più di un'ora, offre un ritratto di due generazioni e due vite che si intrecciano a una natura splendida e al tempo stesso spietata.
La trama di Bentu
L'anziano Raffaele (Peppeddu Cuccu) ha raccolto il grano che deve servire come provvista di un anno intero ed è ora in attesa del vento che lo possa aiutare a separare i chicchi dalla paglia. L'uomo dorme così in campagna, rimanendo isolato da tutti, ma la natura non sembra collaborare. Di tanto in tanto arriva però il piccolo Angelino (Giovanni Porcu) ad aiutarlo e tenergli compagnia. Il ragazzino spera inoltre di convincere Raffaele a prestargli la sua cavalla, nonostante sia ancora troppo giovane per provare a domarla.
Un racconto costruito sui contrasti
Salvatore Mereu riporta gli spettatori nella sua Sardegna e offre un nuovo racconto in cui tradizione e modernità si incontrano e si affrontano sullo sfondo degli splendidi paesaggi caratterizzati da distese di grano e molta solitudine. Il regista sceglie di affidarsi a soli due attori per costruire il suo racconto e la naturalezza delle interazioni tra l'anziano contadino taciturno e il solare ragazzino è gestita molto bene per far emergere progressivamente luci e ombre dei personaggi. Tra lettere di figli distanti, burberi consigli e lezioni di vita, il rapporto tra Raffaele e Angelino è contraddistinto da un affetto e un rispetto che riflette senza bisogno di sforzarsi troppo le differenze tra generazioni e l'approccio diverso alla vita di chi è ancora alle prime fasi della propria esistenza e chi sente avvicinarsi il tramonto. L'insieme di saggezza e segni lasciati dal tempo e ribellione e freschezza sostengono bene una storia il cui realismo contribuisce ad aumentarne la drammaticità.
La semplicità come punto di forza
La regia lineare di Mereu e la fotografia luminosa di Francesco Piras contribuiscono a non rendere la semplicità di Bentu un difetto ma, al contrario, sfruttarla con efficacia per tratteggiare un film in cui gli spunti di riflessione non vengono mai imposti in modo invadente, preferendo suggerire con i piccoli gesti e riferimenti la direzione che dovrebbero seguire i pensieri degli spettatori. La durezza degli eventi rappresentati, all'insegna di fatica e sacrifici, enfatizza la grande dignità che contraddistingue la figura di Raffaele, interpretato con bravura da Cuccu. L'inesperienza di Giovanni Porcu emerge in più momenti, senza però ostacolare la buona riuscita dell'opera che immerge totalmente in una realtà sospesa nel tempo che spazia tra dolcezza e amarezza, delineando la storia dei protagonisti aggiungendo, dialogo dopo dialogo, qualche dettaglio in più relativo alla loro storia.
Bentu riesce a convincere grazie alla capacità di Mereu di creare un legame tra natura e arte cinematografica che non prova a forzare dinamiche ed espedienti narrativi per proporre il proprio racconto, lasciando che siano i ritmi della natura e della vita a far avanzare il racconto verso il proprio epilogo, in parte prevedibile, ma ugualmente di grande impatto.