Benedetta Follia, la recensione
Sfilacciato, poco concreto e molto abbandonato alle sue singole gag, Benedetta Follia riesce ad essere sia divertente che poco riuscito
Verdone è stato prete per finta in Acqua e Sapone (dunque una persona normale), prete per davvero in Io, Loro e Lara (dunque un convinto credente) e qui è proprietario di un negozio di arte sacra, tonache e articoli da Chiesa al centro di Roma, un uomo che fa affari con il Vaticano, completamente calato nella mentalità e nel tono necessario per avere a che fare con suore e cardinali (dunque un autentico bigotto, non a caso l’unico dei tre personaggi che ha bisogno di cambiare). In più è stato prete comico sia in Viaggi di Nozze che in Un Sacco Bello. Nonostante tutto questo in nessun suo film si è mai parlato realmente di religione.
Benedetta Follia coniuga alcune idee comiche particolarmente riuscite di Verdone a buona parte del suo consueto repertorio di tic e nevrosiForse proprio per l’elemento trattato, per l’amore a più di 60 anni attraverso il risveglio sessuale, per l’evidente pulsione nei confronti della giovane nuova commessa vestita sempre in maniera provocante e così vitale e attraente, qui il disinteresse per la religione suona come un silenzio assordante. Un’affermazione di scarsa attinenza tra i due temi che suona menzognera.
Rimane quindi la delusione per la fusione tra lo sceneggiatore e l’attrice di Lo Chiamavano Jeeg Robot (Nicola Guaglianone e Ilenia Pastorelli) e il cinema di Carlo Verdone. La Pastorelli, come già in Jeeg, dimostra di avere toni di commedia impeccabili, ottimi tempi e una buona versatilità, perché i soliti panni della borgatara li sa declinare in diverse situazioni, con diverse inclinazioni e diversi ritmi, insomma non li sfrutta e basta ma li padroneggia, come fanno le attrici. Una delle migliori partner di Verdone in una lunga galleria.
Il contributo di Guaglianone invece sembra più incolore, lui che solitamente riesce a dare grande personalità ai suoi copioni, qui sembra aver lavorato di rammendo su una sceneggiatura tipicamente verdoniana, incidendo poco e senza portare con sè quella solidità di cui questa storia molto convenzionale (per Verdone) e priva di guizzi necessitava per essere meno dimenticabile.