Belle, la recensione | Cannes74

Gli elementi del cinema di Mamoru Hosoda ci sono tutti in Belle, dal doppio alle bestie fino al mondo online come realtà piena di speranza

Critico e giornalista cinematografico


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Belle, la recensione | Cannes74

Nei film di Mamoru Hosoda è sempre tutto doppio. Doppie sono le nature o le identità dei personaggi, doppi sono i mondi (tra cui si salta volentieri), doppie sono le ispirazioni e doppi i significati. Insomma esaspera un uso del dualismo frequente in molti anime moderni (vale ad esempio anche per il grande successo Your name). Belle in più ha anche una doppia ispirazione, una volontaria e palese (già dal titolo) ovvero La bella e la bestia, una involontaria e più sottile, che è L’incantevole Creamy. Suzu è una ragazza timida ma quando entra in U, un megasocial network in cui la personalità di ognuno va online direttamente, quindi l’avatar prende le forme e le caratteristiche delle singole persone, è Belle e canta con una voce da usignolo che incanta tutti. In un attimo diventa popolarissima, tutti si chiedono chi sia ma nel mondo reale nessuno sa che è lei. La grandezza dell’identità segreta canterina e l’ordinarietà dell’identità reale hanno lo stesso rapporto di Creamy (anche la medesima origine tecnologica e pure un aiutante). Purtroppo ben poco è aggiunto.

Già così Belle presenta moltissimi temi già visti nei film di Hosoda, da una visione normalizzata e addirittura piena di fiducia nella tecnologia di Summer Wars (da cui mutua anche l’apparenza del mondo online), fino agli avatar e alle trasformazioni e poi la vita scolastica con gli amori e i semplicismi di La ragazza che saltava nel tempo. In più arriva il fatto che nel mondo di U c’è anche una misteriosa bestia, potentissima non si sa bene perché, che difende Belle e si batte contro la polizia del social network. La bestia ha dei problemi, ferite e una durezza che tradisce una vita difficile. Risiede in un castello e quando conoscerà Belle e stringerà con lei un legame insieme faranno anche un ballo come nel cartone Disney.

Senza girarci troppo intorno, Belle è una follia. Un film di inspiegabile caos, senza che questo sia mai eccitante, solo problematico e alla lunga noioso.

Pieno di musica e canzoni pop generiche che potrebbero uscire da un qualsiasi Japan’s Got Talent, ha il solo merito di mettere in buona metafora come si viva online e mostrare un’idea di rapporto con la tecnologia mai distopica. Per il resto perde qualsiasi spunto la storia offra, non si concentra mai davvero su rifare La bella e la bestia (è solo un paravento) e quando anche arriva alla risoluzione finale (chi è la bestia?) la risposta è così banale e convenzionale che si fa davvero fatica ad arrendersi all’evidenza che questo è un film di Mamoru Hosoda e non uno dei mille anime che escono ogni anno in Giappone ma non hanno il successo necessario per arrivare in Italia.

L’obiettivo della storia è raccontare il raggiungimento della maturità e della fiducia in sé di una ragazza. Tutto e niente cioè. Ma a voler essere ottimisti era anche l’obiettivo di La ragazza che saltava nel tempo. Solo che le idee che mette in scena per arrivarci sono di una povertà imbarazzante se si pensa a che trovate e che genialità animavano per l’appunto La ragazza che saltava nel tempo, Wolf Children o anche i più recenti e meno clamorosi The Boy And The Beast e Mirai (che almeno era animato in modi pazzeschi), cascano le braccia.

Dov’è quel regista?

Chi non conosce Hosoda non dovrebbe vedere Belle come suo primo film. Chi lo conosce e lo ama può sicuramente trovare dentro di sé la forza di fare finta che non esista.

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