All The Beauty And The Bloodshed, la recensione
La recensione del documentario di Laura Poitras All The Beauty And The Bloodshed presentato al festival di Venezia
Stavolta a combattere con tutta se stessa contro dei giganti è Nan Goldin, fotografa e artista di fama mondiale che è stata anch’essa vittima dell’ossicodone, farmaco ad alto tasso di dipendenza, venduto e prescritto senza ritegno, che ha mietuto vittime a migliaia e a cui lei è sopravvissuta. Da quel momento sì batte contro la famiglia Sackler che il medicinale lo ha commercializzato per anni e anni sapendo bene le conseguenze e arricchendosi. La battaglia, oltre che in tribunale, è condotta attraverso i musei, dove i Sackler finanziano intere aree ed esposizioni. La richiesta è di non consentirgli mai più di lavare la propria immagine in quel modo.
Come sempre Laura Poitras non guarda davvero agli ambiti in cui la lotta si concretizza, non indaga, non va a scavare, a lei interessa molto di più mostrare la forza e la violenza dell’oppressore sull’oppresso. Non tanto quindi come faccia Davide a riuscire a lottare contro Golia, ma quanto forte ne venga colpito senza cedere. Stavolta però il soggetto sembra meno clamoroso che in passato e se sicuramente dentro la storia di Nan Goldin c’è un grande film (basti pensare alla parte sulla sorella, l’ingiustizia del passato da raffrontare a quella del presente) sembra che Laura Poitras non l’abbia visto e si sia concentrata su uno più fiacco.