Battaglia: Ragazzi di morte, la recensione
Abbiamo recensito per voi Battaglia: Ragazzi di morte, di Recchioni, Vanzella, Befani e Minotti
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
La truculenta copertina di Leomacs, per i colori di Luca Bertelè, introduce con estrema efficacia il soggetto di questo nuovo episodio, incentrato su uno dei maggiori artisti e interpreti del secolo scorso, assassinato il 2 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia. È nel DNA di Battaglia, nato negli anni '90, scavare negli angoli più bui della storia e della cronaca italiana, fornire una risposta a quegli eventi che non ne hanno mai avuto una. È fisiologico al suo progetto inseguire una verità che ci è sempre stata negata o di cui ce n'è stata fornita una di comodo. Ancorata a una solida documentazione, la versione dei fatti è ovviamente romanzesca, il protagonista ne è lo strumento terminale, ma l'effetto è sempre di estremo impatto e generoso di riflessioni.
Perché Ragazzi di morte vuole scandalizzare e non curarsene nel farlo. Ci restituisce un'immagine forse ingiusta, esasperata del grande scrittore ma fedele al suo credo. Affronta ogni aspetto sgradevole, imbarazzante, disdicevole del contesto che raffigura, ma non rinuncia alle manifestazioni di tenerezza tra il letterato e la madre, o alle premure di questi verso i suoi ragazzi di strada. Nel farlo ne celebra la levatura culturale, l'invidiabile onestà intellettuale. Quasi venendo meno all'imparzialità ostentata per tutta l'opera, gliene cede un terzo per una vendetta furiosa e terrificante verso i propri carnefici, consumata attraverso le zanne di Battaglia.