Battaglia 2: La lunga notte della repubblica, la recensione

Dopo l'esordio con La figlia del capo, eravamo impazienti di leggere questo secondo capitolo di Battaglia: La lunga notte della repubblica

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dopo l'esordio con La figlia del capo, eravamo impazienti di leggere questo secondo capitolo di Battaglia: La lunga notte della repubblica, che vede l'avvicendamento di Michele Monteleone con Giulio A. Gualtieri ai testi e Fabrizio Des Dorides con Ryan Lovelock ai disegni, mentre il soggetto e la copertina sono firmati dai due creatori personaggio, Roberto Recchioni e Leomacs.

Ci spostiamo dalla Seconda Guerra Mondiale a un altro momento molto delicato del Paese, quello dei famigerati Anni di Piombo, dove la lotta armata degli estremismi di sinistra e destra culmina con il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro. È fino a oggi il periodo più sanguinoso e oscuro della nostra giovane repubblica, dilaniata dalle bombe del 1969, sopraffatta da una sottile strategia della tensione che si estende fino agli inizi degli anni '80, con un numero imponente di morti.

Il racconto parte proprio dal rapimento di via Fani a Roma, il 16 marzo 1978, portato a termine con lo sterminio della scorta e il rapimento del presidente della Democrazia Cristiana. Si protrae per tutti e 55 i giorni di detenzione dello statista e si conclude con la sua uccisione, segnando per sempre la politica italiana.

Pietro Battaglia entra a far parte dei giochi coinvolto dallo “Zio Giulio”, con evidente allusione al premier allora in carica, Giulio Andreotti, che vuole una risposta ferma e decisa contro i criminali e rappresenta il volere delle principali forze parlamentari. Il rude vampiro siciliano viene assoldato per liberare l'insigne ostaggio a qualunque costo. L'implicazione imbarazzante e innegabile degli Stati Uniti nei fatti in questione, ha il viso e le fattezze attraenti della bionda agente CIA, Jess Jones. I presunti o reali intrighi e gli interessi di palazzo, determinanti per il destino di Moro, trovano in Battaglia il terminale operativo che pone in atto il finale sospettato da tanta parte dell'opinione pubblica odierna.

L'episodio storico è senza dubbio più complesso e controverso rispetto a quello affrontato nel precedente albo. È un avvenimento ancora così poco chiaro e intricato che porta gli autori a una scelta lineare della trama che è una sintesi e un'inevitabile semplificazione della cronaca di allora, mediata da una pseudodecompressione di momenti secondari alla vicenda che danno il giusto apporto romanzesco e la dose di sano intrattenimento.

Fragile invece da un punto di vista logico-narrativo, è la figura estemporanea del tedesco senza nome che appare come il vero leader del nucleo brigatista rosso. Probabilmente si tratta di un esponente della RAF, l'organizzazione terroristica tedesca, ma il suo coinvolgimento non viene spiegato così come il suo rapporto con il protagonista con il quale condivide la stessa natura immortale e un passato prima da precettore e poi da nemico.

La figlia del capo ci aveva coinvolti, trasportati e convinti con un'ottima prova corale. La lunga notte della repubblica si conferma nel complesso soddisfacente ma meno incisivo sia dal punto di vista testuale che grafico. La figura di Battaglia è più appannata, il suo ruolo scontato. Così il tratto di Lovelock è più diretto e meno elaborato di quello di Des Dorides, ma meno accattivante seppur in perfetta frequenza noir. Dopo due prove così diverse e distinte, resta intatta la curiosità di conoscere la prossima uscita mensile dell'Editoriale Cosmo, firmata da Giovanni Masi e Francesco Francini.

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