Battaglia 1: La figlia del capo, la recensione

La miniserie con i nuovi racconti di Battaglia annunciata all'ultima Lucca Comics, finalmente esordirà a inizio maggio con La figlia del capo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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La miniserie con i nuovi racconti di Battaglia fu annunciata all'ultima Lucca Comics, accendendo una certa attesa attorno al personaggio cult creato da Roberto Recchioni e Massimiliano Leonardo in arte Leomacs nella seconda metà degli anni '90. Finalmente a inizio maggio uscirà La figlia del capo, che sarà presentato tra pochi giorni a Napoli Comicon e che abbiamo potuto leggere in anteprima.

È un progetto di rilievo costruito su di una scommessa molteplice. La più significativa è quella di Editoriale Cosmo, che dopo aver ottenuto un riscontro soddisfacente con la ristampa Le guerre di Pietro e con il numero zero distribuito alla fiera toscana e gratuitamente in digitale, sceglie il vampiro Pietro Battaglia come battesimo per la sua prima produzione originale. Poi viene quella di Recchioni e Leomacs, che decidono di riportare in auge il loro fumetto, limitandosi, si fa per dire, rispettivamente al soggetto e alla copertina e affidando sceneggiature e disegni a talenti emergenti del nostro panorama. Infine è quella dei giovani autori coinvolti, una sfida per nulla semplice e banale, consci dell'inevitabile confronto col modello iniziale.

L'episodio che rompe il ghiaccio è firmato da Michele Monteleone e Fabrizio Des Dorides. Chi si è gustato la corposa anticipazione di ieri, conosce la trama. Il protagonista è al soldo di Benito Mussolini per proteggerne la primogenita Edda, andata sposa a Gian Galeazzo Ciano, il delfino del Duce, che poi rinnegherà e per cui sarà condannato a morte. La narrazione rispettosa della cronaca di allora, segue la vicenda personale della donna attraverso gli appunti che annota sul diario, dalla gioia del matrimonio fino allo strazio del processo di Verona del 1944, con la sentenza definitiva per il marito. Il finale riserva ovviamente una sorpresa squisitamente romanzesca e horror, di sicuro effetto.

Ciò che il racconto riesce a rendere in maniera invidiabile è l'indiscutibile fascino di Edda Ciano, il temperamento tosto e irriducibile che la portò a scontrarsi col padre per salvare il marito. Emerge con grande suggestione il suo complicato stato d'animo, i momenti cruciali della tormentata esistenza, tradita dal proprio uomo che ha tradito lei stessa, ma di cui è ancora profondamente innamorata.

Questo numero stupisce per la densità di vita che trasuda dalle pagine dell'albo. Qua e là può presentarsi ancora qualche spigolo da smussare ma la prova è straordinariamente convincente e ficcante. È una dimostrazione di carattere sia di Monteleone che di Des Dorides. Lo scrittore gestisce il formato pocket, quello di Diabolik per capirci, con una modernità stupefacente frantumando ogni pregiudizio sulla presunta costrizione creativa della gabbia che lo etichetta. Il disegnatore con un gioco di chiaro-scuri, di ombre e di luci che talvolta richiamano un maestro come Corrado Roi, ci offre un spettacolo visivo smagliante.

Dopo un esordio del genere e date le potenzialità infinite della creatura di Recchioni e Leomacs, siamo sicuri che una collana di soli quattro numeri possa bastare?

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