Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro – Il bambino d’oro, la recensione
Pur presentando una componente artistica superlativa, la nuova storia della saga del Cavaliere Oscuro tradisce le aspettative e svilisce la rabbia della miniserie originale
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Si intitola Dark Knight Returns: The Golden Boy la nuova storia della saga ideata negli anni ’80 da Frank Miller pubblicato negli Stati Uniti sotto l’egida di Black Label, etichetta per un pubblico adulto della DC Comics. Dopo la miniserie pubblicata qualche anno fa e realizzata insieme a Brian Azzarello e Andy Kubert, il fumettista originario del Maryland è pronto a lanciare una nuova generazione di eroi in questo universo narrativo.
Dispiace constatare come, anche in quest’occasione, siano davvero pochi gli elementi che riescono a rendere questo brossurato un prodotto notevole. Il più evidente è sicuramente la componente artistica affidata a Rafael Grampá capace di esaltare le caratteristiche action del racconto con uno stile ultradinamico ed estremamente coinvolgente. Se volessimo trovare un termine di paragone, potremmo accostare l’artista brasiliano a Frank Quitely, Eduardo Risso e lo stesso Miller: tra queste tavole di grandissimo pregio, rintracciamo la stessa cura dei dettagli, la capacità di portare il lettore al centro della scena e trasmettere la tensione dello scontro, la concitazione della sommossa e la paura dell’affrontare una minaccia che appare fuori controllo. Non mancano tavole in cui giocare con le inquadrature, in contrasti tonali e altre trovate a effetto che vi lasceranno a bocca aperta.
Per quanto le posizioni di Miller siano state spesso divisive, non possiamo non riconoscergli la volontà di convogliare nella sua le tensioni politiche del momento e tradurle in opere di grande impatto mediatico. In questo caso, l’invettiva contro Trump appare vuota, sterile e non rintracciamo specifiche critiche all’attuale amministrazione statunitense. Forse Miller voleva semplicemente rimarcare la sua posizione avversa all’attuale inquilino della Casa Bianca ma, così strutturato, il quarto capitolo della saga perde la rabbia e l’aggressività che ha contraddistinto il lavoro del fumettista statunitense.
Spesso ci interroghiamo sull’utilità dei vari sequel, soprattutto quando la spinta iniziale dell’opera si è ormai conclusa da tempo. Pur mettendo in mostra la prova di un Grampá in grandissimo spolvero, Il bambino dentro tradisce tutti gli elementi che hanno decretato il successo dell’opera originale e appare scollegata dal contesto storico e sociale che stiamo vivendo.
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