Bates Motel 1x03 "What's Wrong With Norman": la recensione

Alla terza puntata Bates Motel continua a non funzionare, a non costruire bene i personaggi e a non colpire come dovrebbe

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi

"What's wrong with me? What's wrong with me?"

Bella domanda. Perché se c'è una sensazione che Bates Motel è riuscito a comunicare fin dal non esaltante pilot e confermandola nelle due settimane successive, è proprio quella che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questo grottesco prequel/reboot della A&E. Continua a mancare un nucleo forte intorno al quale sviluppare la vicenda, continuano a costruirsi strade su strade che, troppo impegnate a correre in ogni direzione nel tentativo di mantenere alta l'attenzione, sembrano dimenticarsi completamente del loro comune punto di origine, con il risultato che ad oggi appare sempre più difficile decifrare il senso dello show.

Alla terza puntata appare chiaro che più che Bates Motel il titolo migliore per la serie sarebbe stato White Pine Bay: al contrario del film di Hitchcock infatti l'abitazione di Norman e Norma non rappresenta la parentesi oscura e folle dell'altrimenti serena cittadina di provincia americana, ma al contrario è l'intera località ad essere circondata apparentemente da un alone di mistero e follia che lo show sembra svelare man mano che ci addentriamo nelle vite dei suoi abitanti. E, se il percorso alla scoperta del morboso rapporto tra madre e figlio sembra accantonato e anzi, dato per scontato, così non è per i vari soggetti con i quali i due entrano in contatto.

Storie di triangoli pseudo amorosi molto urlati ma mai approfonditi o giustificati (rimane assurdo l'interesse suscitato da Norman su Emma e Bradley) fanno da retroscena ad un percorso che fatica a trovare la propria dimensione. Follia, allucinazioni, donne chiuse in scantinati, omicidi, gente bruciata, campi di marijuana: è come se ci trovassimo su un treno che sappiamo è destinato a schiantarsi ma, piuttosto che farci capire da dove nascerà questo incidente, siamo costretti a guardare il panorama fuori dal finestrino. Per carità, quello che vediamo non è necessariamente brutto o noioso, ma appunto dovrebbe fare da cornice al resto, non diventare il protagonista.

E, nonostante tutto, in quei momenti in cui si ritorna a mettere al centro le dinamiche familiari tra Norman, Norma e Dylan (l'inserimento di un fratellastro può rivelarsi una buona mossa nel rappresentare l'opposto del protagonista), lo show fallisce completamente. Il problema principale è lo stesso messo in luce nella prima puntata: non viene speso tempo a costruire, a far evolvere – o, al contrario, regredire – i due protagonisti, ogni cosa è posta in medias res, nulla viene suggerito ma tutto viene sottolineato con un pennarello rosso (che si tratti di Norman che ripete ossessivamente "what's wrong with me" o dei malsani e insistiti sguardi/abbracci tra madre e figlio). Per tornare ad una delle scene della puntata che vorrebbero essere più "forti", che Norman (praticamente conteso da due belle ragazze, ricordiamolo) immagini la sua insegnante incaprettata può anche colpire sul momento, ma non lascia nulla a livello di costruzione del personaggio non essendo mai stata affrontata la questione ma presentata come qualcosa di già dato.

E intanto la narrazione continua a correre e a mettere carne sul fuoco, a lavorare per accumulazione e non per costruzione, a mostrarci un tentativo di omicidio di un fratello dimenticato e lasciato alle spalle con una bella risata, a incanalare quella che doveva essere la follia del singolo nella follia di un'intera comunità, annullando di fatto l'effetto straniante che dovrebbe derivare dal contrasto tra Norman e il resto del mondo. Insomma, dopo tre puntate, non ci siamo proprio.

Continua a leggere su BadTaste