Bastardi senza gloria - La recensione

Seconda guerra mondiale, un gruppo di soldati americani combatte ferocemente contro i tedeschi. Una pellicola disastrosa, in cui il narcisismo di Quentin Tarantino raggiunge vette patologiche...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloBastardi senza gloriaRegiaQuentin Tarantino
Cast
Brad Pitt, Mélanie Laurent, Eli Roth, Christoph Waltz, Michael Fassbender, Diane KrugerUscita2 ottobre 2009
La scheda del film  

Nota: La versione che ho visto è quella presentata a Cannes e non quella definitiva. Mi sento comunque di poter dire che i ridotti cambiamenti annunciati non potranno stravolgere il film...

Se c'è proprio una cosa che non si può dire a Quentin Tarantino, è che i suoi film passino inosservati. Che si tratti di prodotti che rivoluzionano il mondo del cinema e incassano alla grande come Pulp Fiction o di pellicole che non vede nessuno come Grindhouse, di lui si continua a parlare tanto, tantissimo. Non sono sicuro che questo sia un bene in assoluto, ma è bello che, in tempi di registi mediocri, un realizzatore susciti tante passioni.

Non c'è dubbio che per un sito come Badtaste, anche Bastardi senza gloria otterrà questo risultato. Il problema è che per il mondo 'normale' tutto rischia di finire nell'indifferenza più totale. Vediamo cosa si può dire di buono, con uno sforzo che spero verrà apprezzato. Considerando i normali tempi di Tarantino, è encomiabile che abbia fatto tutto in meno di un anno. E va detto che la stampa italiana (che chiaramente ha esaltato il film per paura di non averlo capito e sembrare troppo conservatrice), con i suoi spoiler infiniti, ha distrutto buona parte dei momenti piacevoli della pellicola rivelandoli, cosa che certo non ha giovato.

Purtroppo, tutto il resto non va. Abbiamo a che fare con un film di due ore e mezzo che al massimo poteva durarne la metà (a voler esser buoni) in ognuno dei suoi cinque capitoli in cui è diviso. Peraltro, alcune scelte sarebbero quasi encomiabili a livello artistico se non fossero suicide. Mettere un'oretta di scene in tedesco, francese e italiano che necessitano di sottotitoli è encomiabile, così come le tante citazioni del cinema di quel periodo, peccato che le capiranno quattro gatti. Il tutto per 70 milioni di budget che sullo schermo non si vedono assolutamente, visto che di sequenze di azione praticamente non ce ne sono e che quasi tutta la pellicola è girata in interni con dialoghi estenuanti.

Il primo capitolo è sicuramente interessante ma sopravvalutato. Diciamo che Waltz se la cava bene, che le citazioni di C'era una volta il west sono gradite ed efficaci (ma bisognava avere il coraggio di essere più cattivi), che la tensione c'è (ma qualche taglio sarebbe opportuno per migliorarla) e che qualche gadget folcloristico lo potevano evitare. L'impressione è che i tanti consensi ottenuti dal primo quarto d'ora dipendano più dal valore non eccelso del resto del materiale che da meriti propri. 

Nel secondo capitolo, la parte con Hitler non è proprio il massimo (per tutto il film, ti viene da pensare più al Bagaglino che al Fuhrer), mentre quella coi Bastardi non è malaccio, anche se è troppo lunga anch'essa e peraltro la conosciamo già da clip e trailer. Fin qui, comunque, siamo su livelli più che dignitosi.

Alla terza tappa, iniziano i problemi seri, tutto è troppo semplice per i Bastardi. Ora, d'accordo il fatto che questa sia una seconda guerra mondiale alternativa (non solo nella conclusione del film, ma anche nello sviluppo), però non si crea una tensione tra americani e tedeschi se questi ultimi sono dei personaggi ridicoli che si fanno fregare come polli. Non è una questione morale, ma semplicemente cinematografica, altrimenti che gusto c'è a vedere lo scontro tra di loro? I tre secondi di erotismo scemo ci potevano essere risparmiati, mentre la scena del pranzo non funziona proprio, sia per la lunghezza eccessiva (la traduttrice sembra uscita fuori da Il disprezzo, solo che lì aveva un senso), che per le scelte di regia 'bizzarre' (i primi piani della panna?).

Al quarto capitolo, ecco il tracollo assoluto, con una scena infinita e assurda, che dilata all'inverosimile la tensione (che però è pochissima, visto che il tutto è girato male) per venti minuti buoni, quando si capisce subito dove si andrà a parare. Qualcuno qui obietterà: ma anche in Pulp Fiction avveniva lo stesso e l'azione veniva preceduta da dialoghi autocompiaciuti. Certo, ma lì c'era una totale imprevedibilità e non si capiva cosa sarebbe successo, per cui c'era una grande tensione. Qui, non solo non c'è nulla di tutto questo, ma anche una conclusione di cui Tarantino ha ormai usato e abusato all'infinito e che viene anche discussa nei minimi particolari senza vergogna. Ormai, non è neanche autoindulgenza, è qualcosa che confina con il maniacale. E poi, sempre a proposito di Pulp Fiction e di quando Tarantino era Tarantino, i dialoghi memorabili dove sono andati a finire? Sfido veramente a trovarmene uno meritevole di essere ricordato, forse giusto il discorso di Pitt sugli scalpi, che però conosciamo benissimo fin dal trailer.

Il problema è che Tarantino non può pensare ancora che per vent'anni si possano fare le stesse, identiche cose, autocopiandosi (dopo magari aver già copiato) e pensando di farla franca. O magari credere che personaggi diversi devono avere la stessa intonazione e/o modo di parlare da film a film. E non si dica che è questione di uno stile caratteristico di un regista, non è che i personaggi di Orizzonti di gloria fossero identici a quelli di Barry Lyndon o i protagonisti de L'età dell'innocenza uguali a quelli di Mean Streets. Né, d'altra parte, John Wayne lavorava allo stesso modo con John Ford in Ombre rosse, L'uomo che uccise Liberty Valance e Sentieri selvaggi.

La quinta fermata del calvario inizia con una regia da videoclip che non ha alcun senso e ci regala una scena in italiano che è imbarazzante per tutti quelli coinvolti. A questo punto, è quasi più interessante il film tedesco di propaganda di cui vediamo degli estratti, che sembra avere una fotografia ripresa da La battaglia di Algeri. Certo, c'è un bel momento visionario nella penultima sequenza, ma in tutto questo ciarpame è difficile accontentarsi. E il finale non è stratelefonato, ma annunciato qualche secolo prima anche per i più distratti.

Il punto, molto semplicemente, è che Tarantino riesce nell'impresa di non farci conoscere bene i suoi personaggi nonostante le due ore e mezzo di film, durata che per qualche motivo non consente di approfondirli (ci volevano cinque ore?). Inoltre, non crea neanche dei rapporti forti tra loro. E' incredibile, per esempio, che tra i bastardi e l'ebrea non ci sia mai nessun legame. E diverse sottotrame (in primis, tra l'ebrea e l'eroe tedesco) non vengono sviluppate.

In tutto questo, anche sugli attori ci sono molte cose da dire. L'idea peggiore, come era ovvio, è stata la scelta di Eli Roth per un personaggio dai connotati bigger than life, una leggenda che incute timore tra i tedeschi. Chi, Eli Roth, che recita in maniera imbarazzante e che avrebbe problemi anche a leggere l'elenco del telefono? Ma mi faccia il piacere. Con Brad Pitt, ci ritroviamo di fronte al classico personaggio tarantiniano. Compito svolto decentemente, ma il problema è che qui c'è un'altra scelta suicida, visto che l'unica star ha un ruolo non certo da protagonista. Magari va apprezzato il coraggio, ma non esageriamo.

Mélanie Laurent a tratti se la cava bene, ma nella scena a metà film con Waltz, quella fondamentale per il suo personaggio, spiace dire che non è all'altezza. A proposito di Waltz, la sua prova rimane un mistero. E' sicuramente bravo nella prima parte, per poi calare in seguito e sprofondare nell'ultima, delirante mezz'ora. Non è soltanto colpa sua, perché se Tarantino ti chiede di ridere come un idiota e fa compiere al suo personaggio delle cose senza senso, non è certo colpa sua. Comunque, il premio a Cannes è un mezzo regalo e non mi dite che è per la sua capacità linguistica, magari facendo paragoni con la Meryl Streep de La scelta di Sophie, che era di un altro pianeta.

Diane Kruger mi verrebbe voglia di salvarla. Lei come attrice intendo, perché recitare un ruolo così folle e che è protagonista degli sviluppi del plot più imbarazzanti ti porta ad avere pietà. Il cammeo di Mike Myers è invece semplicemente idiota, inutile utilizzare altri termini. Come si fa a riprendere un attore caduto così in crisi per un ruolo di cinque minuti con un trucco assurdo, è fuori dalla mia comprensione.

In conclusione, un film che è destinato (a meno di miracoli) a un sonoro insuccesso per via sia dei suoi problemi artistici che delle sue scelte produttive folli. I Weinstein parlavano della loro Miramax come della "house that Quentin built". Il rischio è che la Weinstein Company sia la "house that Quentin destroyed"...

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