Bassifondi, la recensione
Guardando la realtà attraverso una forte patina estetizzante, Bassifondi è eccessivo sia nella crudezza che nel patetismo con cui guarda situazioni e personaggi
La nostra recensione di Bassifondi, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022
Callisto (Romano Talevi) e Romeo (Gabriele Silli) sono i due protagonisti di Bassifondi, senzatetto che vivono sotto un ponte tra i ratti e le nutrie. Per strada chiedono “uno spiccio”, una moneta per mangiare qualcosa, ma vengono mal visti da tutti, e sono quindi costretti a cibarsi delle poche cose che trovano. I contatti con le persone che gli stanno intorno sono sporadici, il loro destino è rimanere soli, poter contare solo l'uno sull'altro per sopravvivere. Quando Romeo si ammala, sarà l'amico a averne cura, accompagnandolo verso suo destino.
Allo stesso tempo, lo squarcio di realtà mostrata e quanto meno reale e quando più trasfigurata, più che concreto, estetizzante. Il regista cerca di scavare tra le immagini per cercare un anfratto di bellezza, il modo di elevarla di trovare una via di fuga. Se una scena all'inizio, con al centro una ragazza col viso truccato da maschera teatrale, poteva guardare a Carax, poi si passa a Sorrentino, per certe apparizioni improvvise e inspiegabili di asini o gabbiani. La macchina da presa, guardando a quanto fatto dai fratelli d'Innocenzo, qui sceneggiatori, sta vicino ai personaggi e si chiude sui loro volti, si aprono squarci di luce verdastra, come in La terra dell'abbastanza. Ma il mondo dei bassifondi romani non lascia neanche, come la periferia, la possibilità del mondo criminale: siamo qui ad un livello ancora più basso.
A livello narrativo, tutto ruota intorno poi all'intenso rapporto fraterno tra Callisto e Romeo, personaggi diametralmente opposti: il primo animalesco, famelico (interpretato da un Talevi in costante manierismo), il secondo più sensibile, emotivo (un Silli in sottrazione). Lo sguardo verso di loro è pietistico, con scene di un'ironia straniante. Il loro affetto, la bontà dei loro sentimenti in una realtà che spinge all'opposto, diventa lo spiraglio di luce cercato dal regista.
Il problema di Bassifondi è però che nulla sembra funzionare, proprio per come le sue anime, quella cruda e quella patetica, sono entrambe portate all'eccesso, senza un giusto equilibrio e nemmeno un sufficiente sviluppo narrativo a supportarle. Il modo in cui la storia non prevede un intreccio elaborato, la rende infatti un susseguirsi di scene non pregne, ma stracolme di emozioni, in una narrazione piana che cerca climax improvvisi. Questi però creano l' effetto opposto da quello desiderato: non l'empatia, ma un certo distacco dai personaggi. Il film finisce poi per scadere nel retorico nel suo soffermarsi su certi simbolismi, che risultano spesso slegati e non approfonditi. Quando ad esempio Callisto si reca per un attimo in una chiesa, possiamo intuire il discorso implicito ma il modo in cui viene gettato senza essere ripreso risulta abbastanza fastidioso. Così solo la scena finale, per il culmine di estremizzazione che raggiunge, sembra così fuori posto da quasi funzionare, da aprire la porta verso una deriva totalmente irrealistica che forse avrebbe giovato.