Basic Instinct 2

Sharon Stone indossa nuovamente i panni di Catherine Tramell, che, dopo essersi trasferita a Londra, si ritrova ancora implicata in una serie di omicidi. Un film incredibilmente stupido e che riesce a scontentare tutti…

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Quando, dopo dieci anni, si decide di fare il seguito di un thriller erotico, le ragioni devono essere economiche (da parte dei produttori) e un tentativo di risollevare la propria carriera (per quanto riguarda la protagonista). Se sulle motivazioni non c’erano dubbi, erano diverse invece le possibili strade da seguire per dar vita alle nuove avventure della scrittrice di gialli più pericolosa del mondo. Si poteva premere l’acceleratore sul sesso e rendere il prodotto ancora più esplicito. Si poteva puntare tutto sull’intreccio poliziesco e cercare di costruire un thriller sufficientemente convincente. E, infine, si poteva propendere sull’autoironia, considerando quanto questo genere di film tenda al ridicolo involontario.

Purtroppo, nessuna di queste strade viene presa fino in fondo. Di sesso se ne vede pochissimo (la Stone non si impegna molto e forse è un bene, perché il decennio passato si vede decisamente sul suo corpo) e anche quando capita è tutt’altro che eccitante.
La storia fa acqua da tutte le parti e, nonostante la sua assurdità, riesce a raggiungere un finale telefonatissimo. E, soprattutto, non ci si diverte neanche, come si dovrebbe fare con un buon film trash, magari accompagnato da una frittatona di cipolle e rutto libero. Il fatto è che, stranamente, il regista Michael Caton-Jones (che finora aveva dato vita ad una fimografia non eccitante ma accettabile) non sembra voler rischiare nulla. Per carità, di cose assurde (lei, famosissima, che non viene riconosciuta da diversi personaggi), di dialoghi allucinanti e di momenti kitsch (memorabile uno ‘tze’ della Stone degno di Bombolo) ce ne sono diversi. Ma francamente mi sarei aspettato qualcosa di più delirante e originale delle solite avventure dell’artista ninfomane (ma davvero alla Tramell piace il sesso? Ma va?). E se poi l’idea è che l’erotismo deve sempre flirtare con la violenza per essere tale o che basti qualche banale frase oscena per far eccitare un uomo, allora forse dallo psicanalista farebbero meglio ad andarci gli sceneggiatori del film e non la protagonista. Inutile poi citare Nietzsche e Hitchcock per darsi un tono, così come assumere Charlotte Rampling, che farebbe meglio a scegliersi ruoli più interessanti.

C’è poi una concezione totalmente sbagliata della dark lady. Se nel primo Basic Instinct questo personaggio funzionava perché metteva in mostra (o fingeva) una certa fragilità emotiva, qui fin dall’inizio abbiamo a che fare chiaramente con una vedova nera senza scrupoli, che non può certo suscitare sentimenti contrastanti nel pubblico, come sarebbe invece doveroso.
Se aggiungiamo che la Stone è, artisticamente parlando, al minimo sindacale (nonostante l’ingaggio oneroso) e incentra tutta la sua interpretazione su smorfie e ammiccamenti, ecco che la frittata è fatta. Anche perché David Morrisey (che interpreta lo psichiatra) dà nuovi significati al termine ‘inespressività’, mentre David Thewlis (l’ispettore) pensa di essere a teatro a recitare Shakespeare, visto l’impegno (assolutamente eccessivo) che ci mette.

Insomma, non vedo come questa pellicola possa attirare minimamente l’attenzione del pubblico mondiale. Con l’eccezione, beninteso, di quello italiano, che queste bufale non se le lascia mai scappare…

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