Barbie, la recensione
La recensione di Barbie, il film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling, al cinema dal 20 luglio
La recensione di Barbie, il film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling in uscita il 20 luglio al cinema
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Quella creata per Barbie è una mitologia al tempo stesso elaborata e molto poco chiara, che rispecchia il fatto che il film sia pensato per un pubblico adulto ma seguendo schemi e semplicismi da film per bambini. Non è impostato però come un cartone Pixar, in cui diversi pubblici accedono a livelli diversi di lettura, è tutto appiattito sul primo livello che racconta una storia adulta (perché parla apertamente di patriarcato e diritti delle donne) con il genere del film per bambini anni ‘80 o ‘90. La complessità è lasciata ai singoli attori o alle singole scene e nella maggior parte dei casi semplicemente non c’è (l’eccezione è come al solito l’impeccabile Will Ferrell).
Il problema maggiore del film è che non riesce mai a creare una vera posta in gioco, non ci fa mai tenere a Barbieland e al suo equilibrio, non ci coinvolge nella lotta femminista e non ci comunica il senso di sopruso. Così quando il mondo perfetto di Barbie viene trasformato in Kendom non lo viviamo come una violenza. Il modello dichiarato dai Ken è Century City (il distretto dirigenziale di Los Angeles in cui comandano solo gli uomini) ma anche la parodia del patriarcato sembra così blanda da essere a stento un’allegoria del vero patriarcato, nonostante questo venga spiegato fino allo sfinimento come se il film temesse di non essere efficace. Gran parte di questo problema sta nelle interpretazioni di Margot Robbie e Ryan Gosling, tarati sul tono dell'assurdo e del giocattoloso (in armonia con il resto del film) ma incapaci di comunicare le reali tensioni di cui dovrebbero essere interpreti. Ci dicono di provare soddisfazione, ci dicono di essere delusi, ci dicono di essere depressi o felici ma dietro quei volti esagerati da bambola non lo percepiamo mai.
L’idea narrativa che colpisce è la maniera in cui il film afferma che per uscire dal giogo che patriarcato occorra prima di tutto riconoscerne l’esistenza e i suoi effetti. Peccato che tutto sia talmente spiegato da sembrare una lezione. Una chiusa didattica in cui tracciare a parole i giusti equilibri dei rapporti uomo-donna conferma come, a fronte di tutto l’umorismo (anche molto divertente!) e le prese in giro alla Mattel e al mondo maschilista, Barbie sia un film che non ha voglia di ridere di sé ma anzi si prende così sul serio da risultare presuntuoso. Un film che prima che intrattenere ha l’intenzione ferma di mettersi su un piedistallo ed educare le masse.