Barbari (prima stagione): la recensione
Il racconto della storica battaglia di Teutoburgo in Barbari, un produzione Netflix che ricorda molto Vikings
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Dall'ambientazione storica Barbari potrebbe sembrare un'anticipazione di quel che vedremo tra poche settimane con Romulus, e invece la serie a cui somiglia di più è Vikings. Anche in questa produzione tedesca in sei episodi arrivata su Netflix si narra dello scontro tra due civiltà, una più organizzata e strutturata, una più tribale. E lo si fa dal punto di vista di quest'ultima, vista senza dubbio come violenta, ma anche esaltata nella sua sete di libertà contro l'oppressore nemico.
Che sia voluto o meno, Barbari ricorda molto Vikings. Legati alla terra, al rapporto viscerale con le divinità, separati nei loro villaggi guidati dai reik, rozzi e brutali. Eppure raccontati come se portassero con loro una sincerità innata, una mancanza di ipocrisia che li renderebbe automaticamente migliori dei romani. E così lo stesso personaggio di Thusnelda, altra co-protagonista, ricorderà inevitabilmente, andando avanti nella stagione, il personaggio di Lagertha. Al di là di questi paragoni, dai quali la serie non si emancipa mai del tutto, a mancare però è quella solidità di fondo nell'intreccio che caratterizzava fin da subito la serie di History.
Barbari lascia ampio spazio ad un'eventuale stagione 2 della vicenda, e si congeda dal suo pubblico presentando proprio la battaglia. Anche qui c'è una certa manipolazione storica, ma a dar fastidio potrebbe essere un continuo voice-over (non interessante) che interrompe uno scontro raccontato in slow-motion. Non la migliore delle decisioni.
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