Banshee 3x05 "Tribal": la recensione

L'ultima puntata di Banshee è un crudele bottle episode, tesissimo e ricco d'azione, ma anche prevedibile

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi

Spoiler Alert
Continua la scia positiva di quella che, arrivata a metà, è già la migliore stagione di Banshee. Molto, se non tutto ciò che accade in Tribal è ampiamente prevedibile, e almeno nell'evento più eclatante della puntata si può dire che la scrittura abbia mancato un po' di coraggio, rifugiandosi nella soluzione più semplice e lineare. È un difetto che però non intacca il valore di un episodio che gioca tutto sulla tensione tra personaggi e sulla grande azione, che poi da sempre sono i pilastri della serie di Cinemax. Come immaginavamo la settimana scorsa, si tratta in effetti di un bottle episode, ed è uno dei migliori di sempre in questa categoria.

Ponendosi come evidente riferimento "Distretto 13 – Le brigate della morte" di John Carpenter, l'ultimo episodio di Banshee, diretto da Ole Christian Madsen e scritto da Adam Targum, si svolge interamente all'interno della stazione di polizia, cinta dall'assedio dei Redbones guidati da Chayton. Hood, Proctor, Siobhan e gli altri si trovano a dover collaborare loro malgrado per poter fronteggiare la minaccia. La narrazione e il cast della puntata sono asciutti e ridotti all'osso, tutte giocate tra le quattro mura del palazzo. L'effetto è innanzitutto opprimente e claustrofobico: un episodio buio, teso, che non concede un attimo si rilassamento e che, in quei pochissimi momenti in cui divaga, lo fa per mostrare le ultime, sofferenti ore di vita della madre di Proctor.

È anche in questo lo spettro della morte che aleggia su tutti coloro che risiedono nella prigione e che infine, in un ottimo parallelo creato nel corso della puntata, riunirà Hood e Proctor nell'addio alle donne più importanti della loro vita, senza vita tra le loro braccia. Perché infine, nel più doloroso e straziante dei modi, Siobhan muore. Muore uccisa da Chayton, muore portandosi con sé un bagaglio di segreti innominabili, ultimo dei quali lo sconosciuto nome del protagonista, muore rilanciando il conflitto nella serie, disponendo il tutto per lo scontro finale tra l'indiano e Hood. La donna era in cima alle probabili vittime della puntata, la scorsa settimana ne avevamo parlato in abbondanza spiegandone i vari motivi. E alla fine questa circostanza non così difficile da prevedere si è verificata.

Tanto per chiarire, non è bello che Banshee sia così prevedibile, anzi è un vero peccato. Perché in fondo questa morte – a differenza di quella splendida e giocata benissimo di Nola in A Fixer of Sorts – è davvero una scorciatoia narrativa, e di quelle più banali. A questa serie, con le sue tamarraggini e situazioni sopra le righe, manca davvero poco per diventare una delle migliori e più sottovalutate sorprese in onda al momento. E questo episodio non fa altro che dimostrarlo: l'azione è eccellente, il ritmo non ha mai un calo di tensione, il climax – per quanto prevedibile – è raccontato benissimo, e tutti i conflitti personali sono messi a fuoco e soprattutto mai banalizzati (e questo è davvero un bel traguardo per una serie così sopra le righe). Quindi, semplicemente, peccato per questa macchia, perché Banshee può giocare a livelli più alti, anche di scrittura.

Note sparse: il personaggio di Bunker cresce parecchio e in questo episodio sembra nascondere un passato molto interessante, tanta attesa per lui. Al giorno d'oggi l'idea di un isolamento di questo tipo è un po' inverosimile, ma in mezzo a mitra, granate e frecce, non si nota troppo. La scena dopo i titoli di coda di questo episodio, nella sua semplicità, è una delle più belle di sempre.

Continua a leggere su BadTaste