Banshee 3x05 "Tribal": la recensione
L'ultima puntata di Banshee è un crudele bottle episode, tesissimo e ricco d'azione, ma anche prevedibile
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Ponendosi come evidente riferimento "Distretto 13 – Le brigate della morte" di John Carpenter, l'ultimo episodio di Banshee, diretto da Ole Christian Madsen e scritto da Adam Targum, si svolge interamente all'interno della stazione di polizia, cinta dall'assedio dei Redbones guidati da Chayton. Hood, Proctor, Siobhan e gli altri si trovano a dover collaborare loro malgrado per poter fronteggiare la minaccia. La narrazione e il cast della puntata sono asciutti e ridotti all'osso, tutte giocate tra le quattro mura del palazzo. L'effetto è innanzitutto opprimente e claustrofobico: un episodio buio, teso, che non concede un attimo si rilassamento e che, in quei pochissimi momenti in cui divaga, lo fa per mostrare le ultime, sofferenti ore di vita della madre di Proctor.
Tanto per chiarire, non è bello che Banshee sia così prevedibile, anzi è un vero peccato. Perché in fondo questa morte – a differenza di quella splendida e giocata benissimo di Nola in A Fixer of Sorts – è davvero una scorciatoia narrativa, e di quelle più banali. A questa serie, con le sue tamarraggini e situazioni sopra le righe, manca davvero poco per diventare una delle migliori e più sottovalutate sorprese in onda al momento. E questo episodio non fa altro che dimostrarlo: l'azione è eccellente, il ritmo non ha mai un calo di tensione, il climax – per quanto prevedibile – è raccontato benissimo, e tutti i conflitti personali sono messi a fuoco e soprattutto mai banalizzati (e questo è davvero un bel traguardo per una serie così sopra le righe). Quindi, semplicemente, peccato per questa macchia, perché Banshee può giocare a livelli più alti, anche di scrittura.