Banshee 2x10 "Bullets and Tears" (season finale): la recensione

Finale di stagione di Banshee: adrenalinico e ricco di eventi

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Sull'anima adrenalinica e action di Banshee si è detto di tutto e di più. È il primo pugno sferrato dritto agli occhi dello spettatore, e inevitabilmente anche quello che generalmente catalizza, proprio per la sua natura così immediata e preponderante, tutte le attenzioni. Banshee è, scusando il francesismo, una figata, una giostra di sangue, violenza, sesso, gesti estremi, che si imbeve del proprio carisma per rimarcare anche attraverso la forma il momento che viene concretamente mostrato. Ma non è tutto qui, se così fosse sarebbe solo una serie action fra tante. Ciò che David Schickler e Jonathan Tropper hanno costruito è un epico scontro ad eliminazione diretta tra personaggi semplicemente grandi, che forse non avranno l'estrema esaltazione delle psicologie vagamente shakespeariane dei loro "cugini" di Sons of Anarchy, ma sono tutt'altro che dimenticabili. E poi una delle migliori tecniche riscontrabili oggi in tv.

Equilibrio, questa è la parola chiave. Equilibrio tra follia, esaltazione del momento e meccanicità della narrazione. L'inganno e l'illusione di una serie che superficialmente potremmo liquidare come una tempesta di mazzate illogiche tra personaggi che hanno più sangue sulla pelle che dentro al corpo, ma che si rivela come più artificiosa, controllata, ragionata di come potremmo pensare. Prendiamo ad esempio Bullets and Tears. Un'ora in cui accade di tutto e di più, in cui rivediamo praticamente tutti i personaggi della serie, in cui si alternano passato, presente e futuro. Un finale di stagione rigidamente diviso in blocchi, con una certa soluzione di continuità, che si compone di tre parti fondamentali.

Si inizia con un flashback lungo e ininterrotto, quasi che, con un colpo di coda finale, gli autori abbiano deciso di sacrificare l'atteso scontro tra Hood e Ana e Rabbit nel presente per narrarci di quello nel passato. E invece no. Perché, dopo un quarto d'ora di introduzione alla vicenda passata, ai rapporti tra i caratteri, all'ovvia relazione nascosta tra i due, al loro piano di fuga con i diamanti e al primo incontro della donna con Job, arriviamo ad una considerazione. Che in fondo sappiamo tutto ciò che ci serve sapere. Le motivazioni alla base, che poi sono quello di cui vive Banshee da sempre, ci sono già, e di certo non perderemo tempo in questo finale per scoprire qualcosa di più su Hood (anche se scorgiamo all'orizzonte qualcosa di vicino all'ambiente militare). Ecco quindi ritornare di prepotenza nel presente.

Una scena d'azione spettacolare in chiesa si risolve in un montaggio dinamico tra presente e passato nel quale vengono rimarcate – forse anche troppo – somiglianze e ricorsi con quanto accaduto quindici anni prima. Regia e musica lavorano insieme, come sempre, e il risultato è ottimo. Peccato per un deus ex machina troppo improvviso, ma pazienza, Fat Au è una bella new entry che rivedremo con piacere anche in futuro. Hood, praticamente muto, assiste al freddo congedo tra padre e figlia, decisamente più calmo rispetto alle premesse, ma non poteva né doveva essere altrimenti. Una soluzione che per certi versi ricorda lo scontro conclusivo di Kill Bill: fiumi di sangue per giungere ad una conclusione che deve giocare d'anticipo sullo spettatore e sulle sue attese. Il viaggio di ritorno a casa riconcilia, con il solito montaggio tra presente e passato, ormai marchio di fabbrica della serie, i personaggi con le loro precedenti identità. Chiuso il cerchio con quello che è stato, si può sperare di costruire qualcosa di nuovo, una speranza destinata a morire nella profezia pronunciata da Rabbit prima di morire.

E infatti così è. Nemmeno il tempo di far raffreddare le pistole che nuovi e vecchi venti tornano ad abbattersi sulla cittadina. Nella terza e ultima parte di episodio passiamo in rassegna tutti i personaggi rimanenti. Rebecca chiude il processo di riavvicinamento a Proctor, affogando nel sangue la tensione narrativa e sessuale con il proprio parente e aprendo la strada al ritorno di una vecchia conoscenza. Chiusa la parentesi con Rabbit, nella terza stagione saranno Proctor e gli indiani a tenere banco, ma non solo. Il gesto di Emmett non rimane isolato, ma le conseguenze precipitano ancora, verso un futuro che non conosciamo, rigettando nella mischia anche i nazisti. Forse l'attimo della morte di Emmett e compagna è l'unico momento in cui l'equilibrio tra questa follia narrativa e l'artificiosità che nasconde si perde un po', aprendo un'ulteriore strada che al momento non appare così importante rispetto alle altre. Ma questo lo giudicheremo meglio l'anno prossimo.

I personaggi della serie non hanno controllo, ma gli autori sì. Questo è il segreto e il miglior pregio della serie di Cinemax. Banshee è più che improbabile, è impossibile, delirante, assurdo (rendiamoci conto che in questo episodio due persone, anche se con un certo aiuto, eliminano un terribile boss con tutti i suoi uomini). Eppure, grazie a questo controllo, alla cura e meccanicità mascherata con cui procede in avanti, al carisma dei suoi personaggi, ad un montaggio tra i migliori oggi disponibili in tv, funziona benissimo.

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