Banshee 2x04 "Bloodlines": la recensione

Quarta puntata di Banshee: si conclude la caccia all'assassino della ragazza Kinaho

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Bloodlines, rigorosamente al plurale, perché sono davvero tante le linee rosse lungo le quali si estende la narrazione della seconda stagione di Banshee. Se Hood, il falso Hood ovviamente, era il nucleo della prima annata, quest'anno la lente si è allontanata, spostando il baricentro all'intera città e al precario equilibrio che tiene in gioco, in questo momento, tutti i componenti e le fazioni in gioco. L'impressione tuttavia, e l'episodio ce ne dà continuamente la sensazione, è che la situazione, sempre più tesa, stia per giungere ad una svolta decisiva, che darà spazio nella seconda metà di stagione ad una lotta senza quartiere. E se già in questa fase preparatoria l'intrattenimento è così gustoso, non vediamo l'ora di scoprire come si evolverà.

Seconda parte ideale della ricerca dell'assassino di Lana, la giovane ragazza Kinaho, tortura e uccisione di questo, ma non solo, perché ovviamente Banshee non si limita a inscatolare e isolare l'avvenimento, ma ne proietta le conseguenze al di là dell'omicidio – e del rapimento di Solomon – sulle caratterizzazioni dei protagonisti più interessati dalla vicenda. Ecco dunque che la cattura del gigantesco amish Jonah diventa occasione per rimarcare ancora una volta la brutalità di Proctor, torturatore provetto, dentista per hobby, il senso di colpa di Rebecca, che non può fare altro che addossarsi la pena per il rapimento di Solomon, il risentimento di Nola, che non soddisfatta della cattura di Jonah va in prigione e lo uccide.

Come e più delle puntate precedenti, il ruolo di Hood si mantiene esclusivamente strumentale alla vicenda narrata, collante per eccellenza di tutte le sottotrame sviluppate. Dimentichiamo i suoi obiettivi, le sue motivazioni, e la storyline che lo lega a Carrie, ancora in carcere e protagonista solo all'inizio, con un prologo onirico, e in conclusione di episodio, con un incontro decisivo con Mr. Rabbit. Ovviamente l'uomo è vivo, decisamente malridotto, apparentemente arrendevole, ma ancora pericoloso, come sembra suggerirci la scena dopo i titoli di coda. E poi non sia mai che Banshee lasci andare uno dei suoi personaggi migliori. A proposito di personaggi migliori, gran ritorno, e per parecchio tempo in scena, di Job, grottesco e divertentissimo in alcuni scambi con Nola o con il figlio del vero Hood, mentre dispiace notare ancora l'assenza di Racine.

Per una porta che si chiude, molte ne rimangono aperte. L'assalitore nel bosco non poteva essere lo stesso Jonah, Nola è una scheggia completamente impazzita, probabile causa, più del fratello, dello scontro inarrestabile tra gli indiani e Proctor. E lo stesso figlio del vero Hood, complice anche una serata fortunata con Rebecca, probabilmente non sarà più così convinto di voler lasciare la città. Il suo ruolo nella storia è ancora tutto da scoprire, ma senza dubbio sarà determinante per i prossimi eventi.

Con la sua violenza esasperata e le scene di sesso mostrate senza troppi complimenti, Banshee vive la dimensione più concreta e immediata della narrazione non lasciando troppo spazio a riflessioni particolari, il che non impedisce di sottolinearne ancora una volta la scrittura tagliente, diretta, senza mezze misure in ciò che viene mostrato e detto. Scene da ricordare anche in questo episodio: la citata tortura di Jonah, ma anche la spettacolare liberazione di Chayton. Ad un certo punto dell'episodio viene anche citato Il signore delle mosche di William Golding: non sappiamo se è voluto o no, ma certamente il male, la vittoria dell'istinto sulla ragione, il ritorno alle più basse pulsioni umane che dominavano quel romanzo si adatta bene alla serie di Cinemax. Quello, e il fatto che una testa di maiale infilzata su un palo non stonerebbe troppo nella cittadina.

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