Bang Bang Baby (prima stagione): la recensione dei primi cinque episodi

In Bang Bang Baby l'intreccio crime nella Milano anni '80 ha come protagonista una ragazzina. Ambizioni alte, risultato non all'altezza. La recensione

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La nostra recensione dei primi cinque episodi di Bang Bang Baby, la serie Prime Video in arrivo il 28 aprile

Tanti riferimenti si mescolano in Bang Bang Baby, segnale di grandi ambizioni. Dopo Monterossi, Prime Video alza la posta delle sue serie original italiane, guardando in particolare ai suoi corrispettivi prodotti da Netflix, ma il risultato non è all’altezza delle intenzioni.
Ecco dunque le nostre impressioni dei primi cinque episodi di Bang Bang Baby, disponibili sulla piattaforma a partire dal 28 aprile (i restanti cinque arriveranno il 19 maggio).

La trama di Bang Bang Baby

Creata da Andrea Di Stefano, la serie è ambientata nella luccicante Milano degli anni ’80, ed ha come protagonista Alice (Arianna Becheroni), ragazzina timida e insicura che vive con la madre dopo la morte del padre Santo (Adriano Giannini) quando era ancora bambina. Per caso, scopre che in verità questi è vivo e che con la sua famiglia di origini calabresi, Barone, ha costruito un’organizzazione malavitosa immischiata nella politica locale. Spinta dal desiderio di riallacciare il rapporto col padre, decide così di entrare a farne parte e diventarne parte attiva.

Un caso di cronaca come spunto di partenza, una ragazzina e i suoi problemi adolescenziali al centro della storia, la sua voice over come commento continuo, la sua discesa in un microcosmo corrotto. Il primo evidente modello di Bang Bang Baby è sicuramente Baby, di cui ritorna anche l’assenza di qualunque moralismo nei confronti della protagonista, l’atmosfera mai scabrosa anche quando tocca gli aspetti più oscuri.

Una contenuto non all'altezza della sua confezione

Il mondo criminale in cui entra Alice, prima l'atterrisce e poi l'affascina. Per lei è percorso di formazione che la porta consapevolmente a sporcarsi le mani, a fare amicizia con gente sbagliata, a rompere i legami con la madre, che avrebbe voluto tenerla sempre lontano dalla famiglia del padre. Il potenziale fascino di questa figura, "immorale" ma mai "negativa" sul modello dell’eroina bessoniana (uno strumento in mano ad altri che poi prende la sua rivalsa), perde però mordente in quanto al cuore del racconto c'è il rapporto tra lei e Santo, dove il primo è un pessimo genitore in cerca una seconda possibilità e la seconda una figlia sempre segnata dalla sua assenza. Tra di loro si susseguono diversi siparietti intimisti e scambi melodrammatici eccessivamente enfatici: la carica sovversiva viene così incanalata in dinamiche convenzionali.

L'attenzione a questa componente va inoltre a discapito di quello che avrebbe dovuto essere l’asse portante della storia, ovvero l’intreccio criminoso, altro grande topos della narrazione seriale italiana, qui trasposto al Nord, narrando degli intrighi guidati dai Barone. Lo sviluppo però è assai poco costruito, procede per svolte prevedibili e temi scontati (la corruzione dei politici, l’infiltrazione mafiosa). I personaggi si muovono come macchiette grottesche ad un passo dalla parodia, ma sono delineati con una gravitas assolutamente fuori luogo, trasmessa anche dall'atmosfera.

L’ambientazione sembra infatti richiamare quel recente neo noir che aggiorna i polizieschi anni ’70, come nel caso del film Appunti di un venditore di donne. La grigia Milano viene però in Bang Bang Baby riempita di accese luci al neon così che in ogni inquadratura prevalgono i colori sgargianti, riproponendo l’estetica degli spot televisivi dell’epoca. Da tutti pori il look e la messa in scena della serie evoca una ricercata coolness, una marcata artificiosità, fatta anche di ralenti, di un gusto per la violenza (che è sovente però nel fuoricampo), di recitazione sovraccarica e soprattutto da un’onnipresente colonna sonora, che bombarda lo spettatore con diversi brani celebri del periodo, strumento per catturarlo e ammaliarlo, quando altrimenti sarebbe stato impossibile. Tutto questo stride così con lo svolgimento a cui effettivamente assistiamo, che sarebbe stato materiale adeguato per un buon prodotto di "serie B" ma che qui è inserito in una confezione di gran lusso.

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