Ballistic, la recensione
Abbiamo recensito per voi Ballistic, miniserie dei Black Mask Studios scritta da Adam Egypt Mortimer e disegnata da Darick Robertson
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Protagonista di quest'avventura, ambientata in un futuro ucronico, è Butch, tecnico riparatore di condizionatori dotato di una certa predisposizione all'ingegneria e in grado di creare una pistola senziente, Bang Bang, che lo accompagna nella vita di tutti i giorni. L'esistenza di Butch è chiusa sull'isola-stato galleggiante Repo City State, e continuamente frustrata da un lavoro che gli va stretto, dall'amore non corrisposto di Gennie e dalla volontà di diventare il boss della malavita locale. Ai boss, intanto, Butch offre i propri servizi di tecnico, anche per ripagare i debiti che ha contratto, fallimento dopo fallimento. Subdolo, vigliacco, approssimativo: così ci appare il protagonista di Ballistic, che decide di dare una svolta alla sua vita sottraendo i piani per una rapina al boss Kim-Duk Junior. Non tutto va per il verso giusto e un viaggio nella psiche malata dei suoi concittadini e della sua stessa città attende il nostro eroe.
Anche in questo caso le ambientazioni non offrono solo una scenografia per le gesta di questo underdog, ma dialogano con lui, diventando a loro volta protagoniste della vicenda. L'utilizzo di un contesto fantascientifico rappresenta solo un pretesto per Mortimer per svincolarsi dalla realtà contemporanea e non abusare, così, di situazioni già viste. Nonostante pistole parlanti e macchine volanti, l'attenzione è infatti sempre rivolta al risvolto umano del racconto, alla crescita dei personaggi e alla loro reciproca connessione.
La miniserie è dedicata a Jean Giraud, e lo sforzo di rendere omaggio al genio visionario dell'artista francese trova il suo giusto compimento nelle splash page in cui Robertson si cimenta in rappresentazioni aeree di Repo City.
Risulta difficile, per non dire impossibile, scindere la componente narrativa da quella musicale quando si parla dei Black Mask Studios. Come gli underdog che hanno dato il via al movimento punk sul finire degli anni '70, Mortimer, Robertson, Pizzolo e Gurewitz usano il fumetto come strumento per demolire la società contemporanea, denunciandone le brutture e i controsensi, delineando scenari in cui il materialismo prende vita e si rivolta contro i suoi stessi creatori.
Ballistic è un calcio in culo ai benpensanti, ai fighetti col risvoltino e il cellulare sempre in mano. Un'opera dura, forte e controversa che si lascia apprezzare anche per una storia convincente e tavole stupende.