Bad Boys: Ride Or Die, la recensione
Sempre più vecchi, sempre più familisti, eppure in Bad Boys Ride Or Die i protagonisti continuano ad atteggiarsi come ragazzini
La recensione di Bad Boys: Ride Or Die, il nuovo film con Martin Lawrence e Will Smith in uscita il 13 giugno
Già il precedente Bad Boys For Life faticava a mettere insieme l’essenza del franchise e i tempi moderni: l’atteggiamento giovanile, sfrontato e irriverente dei protagonisti con il loro aver superato i 50 anni, il machismo ostentato con il farsi una famiglia, il nuovo modo in cui si parla di donne e si mostrano donne con l’atteggiamento da spogliatoio e via dicendo. Ora Bad Boys: Ride Or Die (i titoli si fanno sempre più imbarazzanti per un film di vecchi) mette in crisi anche l’equilibrio della coppia, dando a Lawrence una parte più risolutiva e invece a Will Smith quella più tenera, familiare, in crisi e bisognoso di essere sostenuto. Ma sono tutte illusioni: alla fine si ricomporrà esattamente l’equilibrio iniziale per il prossimo episodio, in cui fingere di andare in deroga a un’altra delle caratteristiche impresentabili della saga.
Tutto il film è contaminato quindi non solo da un accostamento a contrasto tra l’atteggiamento dei protagonisti (si muovono, parlano e discutono come se avessero venti anni) e i sentimenti che il film fa provare loro, i valori che gli fa esprimere, se non proprio la vita che gli vediamo fare, ma anche tra la grande epica dello score e della messa in scena (c’è pure una gran bella scena di disastro in elicottero) e il mood conservatore, dimesso e ripiegato sul mantenere una vita invece che viverla nella maniera più piena. È il modello Fast & Furious (incluso il barbecue familiare finale) ma se a quello gli si leva la totale e insensata follia demenziale dell’azione, gli si è levato tutto.