Baby Boss 2, la recensione

Partendo di nuovo da presupposti molto banali e di scarsa coerenza Baby Boss 2 è un film scritto e diretto con mirabile intelligenza

Critico e giornalista cinematografico


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Baby Boss 2, la recensione

È una serie stranissima quella di Baby Boss, sembra essere stata creata con gli intenti più banali e la metafora meno sofisticata (un banale ribaltamento, neonati che si comportano da adulti con avventure da adulti mentre gli adulti si comportano da bambini), e invece poi è scritta e diretta molto bene. Era vero per il primo film, che ambiva addirittura ad essere un film Pixar fallendo, ma solo per essersi fissato un obiettivo eccessivo, ed è vero per questo sequel che abbassa le ambizioni e così facendo le centra perfettamente.

Di nuovo la trama è un classico della banalità Dreamworks: gli eroi del primo film, decenni dopo, tornano piccoli e combattono un altro bambino come loro che si finge adulto per annullare dal pianeta i genitori. In questa sciocchezza c’è però una gran sceneggiatura, un gusto per l’umorismo e per il ritmo nell’animazione che Tom McGrath ha addirittura affinato rispetto al film precedente, una capacità di lavorare anche sui personaggi minori (i giocattoli, in un ennesimo omaggio alla Pixar, sono ottimi) e qualche anfratto della storia, come la soffitta da cui tutto parte, una specie di rappresentazione del luogo della mente del protagonista in cui si rifugia per tornare alla sua infanzia.

Certo senza molta fantasia Baby Boss 2 si limita a trovare un espediente per prendere i due personaggi principali, ora adulti, e farli tornare bambini. Quello che però accade da lì in poi e la maniera in cui sembrano animare in CG con la testa da animatori 2D (un po’ quello che fa Genndy Tartakovsky nella serie Hotel Transylvania) è una fucina di trovate, spesso così tante che molte finiscono sullo sfondo e sta allo spettatore notarle (come la canzone del saggio della scuola dei bambini, tutta carina, ma sulla tragedia del riscaldamento globale e tesa ad incolpare i genitori). La mano di Michael McCullers continua a sentirsi.

C’è insomma da applaudire alla maniera in cui questo secondo film se ne frega di tutto. Sarebbero passati circa 30 anni dal primo, ma siamo comunque nei nostri anni, ci sarebbe una certa coerenza tematica da tenere con il primo (che raccontava dietro metafora il trauma dell’arrivo di un secondogenito che detta la sua legge) e invece i bambini veri di questo film non contano molto e poi anche i rapporti tra i due fratelli non sono proprio come li ricordavamo. Ma poco importa di fronte a questa capacità di fare animazione moderna mantenendo tutti i pregi dell’animazione classica.

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